Gioia dei Marsi storia e tradizioni

Cenni storici
Tracce di vita nel territorio di Gioia dei Marsi risalenti al Mesolitico sono state attestate grazie al ritrovamento di un grande insediamento all’aperto e di un successivo villaggio Eneolitico, riferibile alla tipica cultura di Ortucchio, che si trovano nei pressi di Strada 28 e 29 nella piana del Fucino. Il villaggio ha restituito anche ceramiche subappenniniche dell’età del Bronzo. Per l’età del Bronzo finale, abbiamo solo ritrovamenti sporadici, probabilmente pertinenti a sepolture. Nella successiva età del Ferro il fenomeno dell’abbandono dei siti di pianura, che indusse gli abitanti a spostarsi sulle alture, vide nascere vari oppida, alcuni dei quali sono stati individuati nelle località di Vallo di San Nicola, Colle Arienzo, Civita delle Bianche, che presenta i resti di una cisterna a tholos chiusa da un’unica lastra, Castelluccio e Gioia Vecchio difeso da mura poligonali, di cui resta una porta scavata nella roccia e il fossato. Sono state identificate anche due aree sepolcrali, risalenti alla stessa epoca, nelle località di San Veneziano e di Castelluccio. Durante il periodo italico (V secolo a.C.) iniziò a pianificarsi il sistema vicanico, con gli abitati che tornarono a stabilirsi in pianura per essere più vicini alle aree coltivabili e ai circuiti viari. Sono stati localizzati due villaggi riferibili a quest’epoca, il vicus di Castelluccio al di sotto di Gioia Vecchio e il vicus La Civita. Il villaggio di Castelluccio ha restituito, oltre a bronzetti databili al III-I secolo a.C., ceramiche del Bronzo finale e della prima età del Ferro e frammenti ceramici decorati a squame. Si può ipotizzare una continuità d’uso dell’abitato dall’età del Bronzo finale fino al VI secolo a.C. La conquista romana interessò anche questo comparto territoriale, che rientrò nella Regio IV Sabina et Samnium. Testimoniano questo processo di romanizzazione alcune tombe rupestri della metà del I secolo a.C. trovate a Gioia Vecchio, numerosi reperti archeologici e i resti di una villa di età repubblicana, situata sotto Colle San Vincenzo tra Gioia dei Marsi e Lecce nei Marsi. Dopo il crollo dell’Impero Romano, le invasioni barbariche, la guerra bizantino-gotica, l’invasione dei longobardi, che assoggettarono la Marsica e la organizzarono in un gastaldato sottoposto al Ducato di Spoleto, il Regno carolingio che rese la Marsica sede dell’autonoma Contea dei Marsi e le invasioni saracene, gli abitati tornarono ad arroccarsi sulle alture, rioccupando o costruendo nuove roccaforti come nel caso della Rocca di Sperone, che risale all’XI secolo. Nel XII secolo durante il dominio normanno degli Svevi, quando la Marsica era soggetta al Principato di Capua, la roccaforte di Sperone, nei pressi dell’attuale Gioia Vecchio, era feudo di Simone di Capistrello. Nel borgo c’erano due chiese, S. Maria in Sperone e S. Nicola, posta al di fuori della fortezza. Nel XIV secolo il castello di Gioia Vecchio apparteneva a Tommaso di S. Giorgio che lo vendette nel 1334 al Monastero di S. Maria della Vittoria di Scurcola Marsicana. Nel 1429 passò alla contea di Celano e più tardi fu donato ai Duchi Piccolomini dal Re Ferrante d’Aragona.
Nel Seicento esisteva un Ospedale nei pressi della chiesa di S. Nicola. Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento gli abitanti iniziarono a trasferirsi a Manaforno e vi rimasero fino al 1915, quando il terremoto distrusse quasi completamente il paese. A Manaforno è attestata la presenza delle chiese di S. Michele Arcangelo e di S. Maria ad Nives, alla quale precedentemente era stata dedicata una cripta con altare nella chiesa di S. Nicola di Sperone. Seppure la ricostruzione interessò sia Gioia Vecchio che l’odierno paese, nel 1964, poiché buona parte dell’antico borgo risultò inagibile, gli abitanti furono tutti trasferiti a Gioia dei Marsi.

Il castello di Gioia vecchio
Il Castello di Sperone, antico toponimo di Gioia Vecchio fu costruito dopo la distruzione di due castelli preesistenti, quello di Sparnasio e di Asinio. Inizialmente denominato Castello di Sparnasio, risale nella sua prima fase costruttiva all’XI secolo. Il Castello era una vera e propria fortezza, munita di cinta muraria, a cui fu aggiunta una torre di avvistamento cintata, nella seconda metà del XIII secolo per volere dei conti dei Marsi. La torre circolare, conservata per un’altezza di 16 metri, è l’unico elemento che rimane dell’antica fortificazione; situata a 1240 m. di quota. L’interno è a pianta ottagonale, suddiviso in due piani e dotato di un unico ingresso posizionato a dodici metri di altezza, il che fa presupporre che fosse accessibile solo con una scala lignea sistemata all’occorrenza.

Il Castello di Gioia Vecchio

La Chiesa di Santa Maria Nuova
Conosciuta nell’antichità come S. Maria in Sperone, viene citata per la prima volta nella Bolla di Clemente III del 1188, e la sua costruzione non deve essere di molto anteriore a questa data, come confermerebbe lo stile romanico-gotico in base ai cui canoni era stata edificata. La denominazione di “Nuova”, in sostituzione del toponimo di “Sperone” che stava ad indicare il luogo in cui sorgeva, fu aggiunta dopo i restauri del Cataldi. Nel 1334 fu venduta, insieme al Castello di Gioia Vecchio, al monastero di Santa Maria della Vittoria di Scurcola alle cui dipendenze rimase fino al 1429, quando il borgo passò alla Contea di Celano. Fu danneggiata e depredata durante il saccheggio del brigante Marco Sciarra, alla fine del Cinquecento e restaurata qualche decennio, dopo da un mecenate del luogo. Alcune visite pastorali del XVII secolo ci danno ulteriori informazioni sull’edificio, apprendiamo infatti che nel 1638 la chiesa era “recettizia”, ovvero era di origine laicale e privata e come tale era legata al personaggio che ne aveva voluto l’edificazione, pertanto era riservata ai preti recepti, cioè nativi del luogo che avevano il potere di decidere liberamente opponendosi spesso anche alle decisioni del vescovo. Un’altra relazione datata al 1676, ci rivela il numero degli altari presenti nell’edificio e la loro intitolazione: l’altare maggiore era dedicato al SS. Sacramento e alla Visitazione della Beatissima Vergine, gli altari di S. Giacomo Apostolo, di S. Rocco, di S. Antonio di Padova, di S. Antonio Abate, della SS. Trinità, del SS. Rosario, dello Spirito Santo e dell’Annunciazione. Nella chiesa erano conservate anche alcune le reliquie di Santi che sembra fossero state portate nel 1610. Un altro altare dedicato a S. Vincenzo Martire, attestato solo dopo il 1757, fu realizzato successivamente per custodire il corpo del Santo. Dopo lo spostamento degli abitanti da Gioia Vecchio a Manaforno, la chiesa di S. Maria conservò comunque la propria funzione di parrocchiale. Distrutta dal terremoto del 1915, fu completamente ricostruita dopo il 1950 mantenendo le sue forme originali con una pianta a croce greca. Prima della distruzione, l’interno della chiesa era decorato da affreschi settecenteschi. L’altare maggiore policromo, con quattro nicchie decorate da sculture era il risultato di diversi rimaneggiamenti. La fonte battesimale era decorata da sculture del Cinquecento mentre la tavoletta che la chiudeva, presentava decorazioni gotiche. All’esterno era completata da un campanile merlato, simile ad una torre di guardia.

Testi a cura di Antonella Saragosa

Tradizioni popolari
Eventi religiosi

primo venerdì di maggio: Pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Libera di Pratola Peligna. Come da tradizione centenaria, il pellegrinaggio si svolge a piedi dalla chiesa parrocchiale di Gioia dei Marsi al Santuario della Madonna della Libera di Pratola Peligna. La “compagnia”, l’insieme dei fedeli, divisa tra gli uomini in testa e le donne, affronta il lungo viaggio di penitenza intonando canti devozionali e popolari. L’itinerario dura dodici ore: si raggiunge Pescina viaggiando in piedi a bordo di furgoncini scoperti e durante la prima sosta, al “Ponte della Valle”, si consuma la colazione al sacco. Si prosegue per Forca Caruso, dove si recita la “Via Crucis”, e Goriano Sicoli: dopo la visita al Santuario della Beata Gemma, la compagnia si accampa per il pranzo. Giunti a Raiano, a causa di un antico astio tra i due paesi, la folla dei fedeli trova finestre e chiese chiuse. Si arriva infine a Pratola Peligna: la compagnia accolta dai festeggiamenti del paese entra in chiesa, percorre in ginocchio la navata principale e il perimetro dell’altare e segue la funzione religiosa. Anticamente, i fedeli si accampano per la notte nelle stalle dei pratolani, oggi nei locali messi a disposizione dal Comune, a ricordo della tradizione, vengono sistemate balle di fieno. L’indomani, nel corso della Messa viene esposta al pubblico la statua della Madonna della Libera. La compagnia riparte all’alba della domenica, percorrendo lo stesso itinerario raggiunge Gioia dei Marsi, dove la comunità la accoglie con pubblici festeggiamenti.

primo sabato di maggio: Festa della Madonna delle Grazie. I fedeli si recano in pellegrinaggio a piedi alla chiesa di Gioia Vecchio. • prima metà di giugno: Festa di San Nicola. Dopo le funzioni religiose di rito, un corteo di fedeli raggiunge l’antico e abbandonato paese di Sperone.
• prima domenica di settembre: Festa di San Vincenzo Martire, patrono di Gioia dei Marsi, il cui corpo è conservato nella Chiesa Parrocchiale.
• 26 aprile, frazione di Casali d’Aschi: Festa della Madonna del Buon Consiglio.
• mese di giugno, frazione di Casali d’Aschi: Pellegrinaggio al Santuario della Santissima Trinità a Vallepietra.
• 6 agosto, frazione di Casali d’Aschi: Festa del SS. Salvatore, patrono del paese.
• 5 e 7 agosto, frazione di Casali d’Aschi: Festa della Madonna delle Grazie.
• terza domenica di settembre, frazione di Casali d’Aschi: Festa della Madonna dell’Addolorata.

Eventi enogastronomici
• 30 luglio: “I Sentieri del fusto”, degustazioni di birre artigianali
• 14 agosto: Sagra della Sagna Gioiese.

La ‘sagna gioiese’

Testo a cura di Emanuele Montanari

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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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