Abruzzo o Abruzzi

Preistoria

I giacimenti della valle Giumentina, delle Svolte di Popoli e di Madonna del Freddo rappresentano le fasi più antiche della preistoria dell’Abruzzo, con industrie a bifacciali riferite a fasi medio-arcaiche dell’Acheuleano e complessi su scheggia con caratteri clactoniani. Il Paleolitico medio è rappresentato da strumenti litici di tipo musteriano e levalloisiano, provenienti per la maggior parte da giacimenti all’aperto. Nel Paleolitico superiore è testimoniata la presenza di popolazioni stanziate sia lungo la costa adriatica sia nelle regioni più interne, tra cui quella del Fucino, dedite prevalentemente alla caccia. Dopo un periodo di transizione riferibile al Mesolitico, si registrano anche in Abruzzo numerose testimonianze della presenza di genti neolitiche. Tipiche sono soprattutto la facies culturale di Ripoli, con abbondante produzione ceramica, e quella di Ortucchio, analoga a quella marchigiana di Conelle. Nell’ Età del Bronzo la regione è partecipe della facies culturale appenninica; alla fine di tale periodo vanno segnalati la nascita dei primi abitati d’altura e i ricchi ripostigli attestanti una fiorente attività metallurgica nella zona del Fucino. Nell’ Età del Ferro compaiono le grandi necropoli di Campovalano e Alfedena, in cui le tombe a circolo e i ricchi corredi documentano il formarsi di una stratificazione sociale all’interno delle comunità protostoriche.

Storia

Sede di numerose popolazioni di stirpe italica (Sabini, Vestini, Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Sanniti), l’Abruzzo entrò nell’orbita romana a partire dalla seconda guerra sannitica (326-304 a. C.). Agli inizi del sec. I a. C. fu al centro della guerra sociale (90-88 a. C.) e Corfino fu eletta capitale della federazione italica ribellatasi a Roma. Nell’organizzazione amministrativa augustea il territorio abruzzese fu pressoché interamente compreso nella IV regione (Sabina et Samnium). In età imperiale l’Abruzzo godette di un certo benessere economico, grazie soprattutto alla pastorizia e alle attività industriali e commerciali a essa collegate. Riunito alla Campania con la riorganizzazione voluta da Diocleziano, dopo la conquista longobarda fu diviso tra i ducati di Spoleto e di Benevento (572). Sotto i Franchi fu organizzato in comitato autonomo, la Marsia, con capitale Celano. La regione venne poi lentamente pervasa dai Normanni (dal 1140), che si videro, infine, riconosciuta la conquista da papa Adriano IV (Trattato di Benevento, 1156). Ai Normanni seguirono (1194) gli Svevi e con essi l’Abruzzo acquistò importanza strategica nelle lotte tra impero e papato; sul suo territorio si decise, nella battaglia di Tagliacozzo (1268), la sorte di Corradino di Svevia. Dalla seconda metà del sec. XIII L’Aquila assunse una preminenza su tutta la regione, che nei sec. XIV-XV venne coinvolta prima nelle lotte per la successione al trono angioino e poi nelle guerre tra Angioini e Aragonesi. Si affermò in questo periodo il ruolo di Giacomo Caldora, che dominò su un feudo esteso fino alla Puglia. Sotto gli Aragonesi, L’Aquila diventò un centro esclusivamente militare, cedendo a Chieti la supremazia economica e politica. La progressiva abolizione della realtà comunale e la sua sostituzione con un forte centralismo provocò l’impoverimento delle aree interne e la diffusione del brigantaggio. I centri costieri godettero, invece, di un certo benessere, grazie soprattutto ai commerci con le terre veneziane al di là dell’Adriatico. In un quadro politico ed economico molto logorato si inserì nel 1647 la rivolta di Masaniello, che in Abruzzo vide una singolare partecipazione del ceto aristocratico nel tentativo di recuperare uno spazio e un ruolo completamente perduti. Durante il dominio austriaco (1707-34) si affermò la grande proprietà agraria, in particolare nel Teramano, mentre si andarono ulteriormente indebolendo le proprietà collettive legate all’economia pastorale. Passato ai Borboni (1734), l’Abruzzo rimase piuttosto indifferente nei confronti delle idee illuministiche; ostile alla Repubblica Napoletana, fu terreno fertile per la reazione sanfedista. Dal confuso periodo a cavallo tra Settecento e Ottocento fino alla restaurazione del Congresso di Vienna (1815), l’Abruzzo emerse in preda a una forte crisi economica, che causò una nuova ondata di brigantaggio. I moti di rivolta scoppiati durante il Risorgimento ebbero segni contrastanti, mescolando istanze tardogiacobine, liberali e anche reazionarie. Nel 1860 bande filoborboniche ostacolarono l’avanzata dei garibaldini, rimanendo attive anche in seguito. Dopo l’Unità d’Italia, l’Abruzzo rimase a lungo afflitto da una profonda crisi economica e dal 1870 conobbe il fenomeno dell’emigrazione. Durante il periodo fascista si affermò Pescara, che in pochi decenni diventò un ricco centro portuale, commerciale e turistico. La regione colpita pesantemente durante la seconda guerra mondiale, conobbe nella seconda metà del Novecento un notevole sviluppo, soprattutto lungo la fascia adriatica e nella conca del Fucino.

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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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