Prodotti enogastronomici della provincia di Chieti

fiadone

Le preparazioni

Tanti erano i piatti popolari che si preparavano con le carni fresche e che venivano consumati i giorni immediatamente successivi al taglio: cif e ciaf, pezzetti di carni grasse e pancetta fritte con aglio e cipolla, polenta unta, condita con spezzatino di maiale, brodo con la testa, sangue con aglio, cipolla e peperoni, costolette e salsicce di carne e fegato alla brace. E poi le preparazioni per i tempi futuri a breve, medio e lungo termine: il sanguinaccio dolce, una sorta di crema con zucchero, cioccolato, cannella, da usare come farcitura per i dolci, l’annoia, le salsicce di carne e di fegato, la coppa di testa con erbe aromatiche, il capocollo, le soppressate, la ventricina, il prosciutto, la pancetta il lardo e lo strutto. Dopo l’asciugatura e la maturazione, soppressate e salsicce, affinché il loro consumo potesse essere protratto nel tempo, venivano immerse in un vaso di vetro riempito di strutto: questo consentiva sia di consumarle nel corso dell’intero anno, sia la formazione di flavour complessi e unici. La lunga stagionatura della ventricina è resa possibile proprio dallo strutto con cui viene abbondantemente cosparso il globo dopo l’asciugatura. Lo strutto aveva anche altri impieghi, era infatti un sostituto dell’olio extravergine e quindi un condimento per cucinare carni ma anche ragù e soprattutto per friggere. Diffusa in tutta la Regione, ma particolarmente in provincia di Chieti è la porchetta: un maiale intero, disossato, cotto al forno, a fuoco lento, per ore, farcito di mandorle, amarene, alloro, rosmarino, aglio e una infinità di altre spezie; farcitura e spezie sono diverse da zona a zona. Presente in tutte le feste patronali di paesi e città, rappresenta il cibo di strada per antonomasia in questo territorio, una vera squisitezza. A suggello del profondo legame culturale, alimentare e rituale tra gli agricoltori abruzzesi e il maiale, all’animale è stato dedicato un museo recentemente inaugurato a Carpineto Sinello, nel cuore del Comunità montana del medio Vastese dove sicuramente più intense e forti sono le tradizioni.

I salumi

La produzione casalinga di salumi è pratica abbastanza diffusa nell’entroterra chietino per la tradizione di allevare maiali nelle famiglie contadine. Da ciò deriva un’antica tradizione che ha prodotto alcuni apprezzatissimi esempi di artigianato norcino. Il Salsicciotto Frentano e la Salsiccia a Campanella (prodotti tradizionali d’Abruzzo)sono tradizionalmente prodotti nell’alta e media valle del Sangro e dell’Aventino, in un’area collinare alle pendici orientali della Majella. Il Salsicciotto Frentano è un salume stagionato pressato dalla forma di parallelepipedo irregolare lungo 22 – 25 cm che viene realizzato con tagli pregiati quali il lombo e il capocollo. I salsicciotti vengono conservati sott’olio, sotto strutto o sottovuoto. La Salsiccia a Campanella, di carne o di fegato, è un insaccato a corta stagionatura, dalla tipica forma a ferro di cavallo che ricorda le campanelle dei bovini al pascolo. Le salsicce possono essere consumate subito dopo la stagionatura o successivamente, sott’olio o sottostrutto o, come è più in uso oggi, sotto vuoto. La preparazione del Salsicciotto di Pennapiedimonte (prodotto tradizionale d’Abruzzo), viene da sempre tramandata da padre in figlio e tuttora praticata dagli abitanti e dai macellai del posto. Si tratta di un salame a base di carne di maiale, preparata con i tagli magri di spalla e coscia (70%) e per la restante parte con tagli più grassi o semigrassi come la pancetta. Prima di essere stagionato, il salsicciotto viene cosparso di sugna “fiore” e rotolato su un letto di spezie e erbe aromatiche (pepe nero macinato, timo, ginepro, rosmarino, alloro, erba cipollina, peperoncino piccante, finocchio e salvia), che si attaccano al salame conferendogli la caratteristica colorazione esterna verde. La stagionatura dura 70 – 80 gg.

Lannoia (prodotto tradizionale d’Abruzzo) è un insaccato dall’aspetto simile alla salsiccia, ottenuto dalle interiora del maiale che, una volta lessate, vengono tagliate a striscioline insieme alla rosetta, ossia le parte finale del budello, e conciate con sale, aglio, peperoncino, semi di finocchio e bucce d’arancio, per poi essere insaccate nel budello naturale di suino. Esempio di saggezza rurale, che ha trovato con l’annoia il modo di utilizzare alcune parti del maiale solitamente scartate. L’annoia si consuma fresca, alla brace o saltata in padella con vino bianco. Altra specialità caratteristica della zona dell’Ortonese è il fegatazzo che si ottiene da fegato, milza, polmone, ventresca e guanciale. La carne tritata grossolanamente viene condita con sale, peperoncino, buccia d’arancia e aglio, impastata e messa a riposare per qualche ora e poi insaccata nel budello di suino e legato in rocchi più o meno lunghi. A questo punto viene lasciato asciugare e poi fatto stagionare per un mese. Infine viene messo sotto strutto o sott’olio dove si conserva per oltre un anno.

La Ventricina del vastese (prodotto tradizionale d’Abruzzo) vanta, nel vastese, una lunga tradizione produttiva. Le carni utilizzate, sempre tagliate a mano, sono insaccate prevalentemente nella vescica del maiale che gli fa assumere la tipica forma ovale con un peso che oscilla tra uno e due kg e un diametro tra i 10 e i 20 cm. Un tempo come oggi, pur essendo un salume dalla lunga stagionatura fatta in vecchie cantine o grotte naturali, la ventricina si caratterizza per l’assenza di additivi, conservanti di sintesi o naturali ad eccezione delle spezie peperone secco e fiore di finocchio e del sale usati per la concia. Al taglio si presenta di grana grossa, dalla caratteristica colorazione rosso arancio che gli conferisce il peperone. La zona di produzione di questo antico pregiato salume è situata tra i fiumi Sinello e Trigno, nei comuni del medio ed alto vastese con altimetrie comprese tra i 200 ei 1.000 metri. Sul territorio si contano circa 35 imprese che trasformano e commercializzano in proprio e che, insieme alle moltissime famiglie che producono per autoconsumo, realizzano mediamente in un anno circa 220 quintali di prodotto dei quali circa 180 destinati alla vendita. L’azienda tipica, tranne poche eccezioni, ha una struttura familiare che negli ultimi anni va mostrando una inversione di tendenza con un interessante fenomeno di ricambio generazionale nell’attività di conduzione.

La carne di marchigiana

La carne di razza Marchigiana (prodotto tradizionale d’Abruzzo) si è conquistata la piazza d’onore fra le carni bovine italiane di alta qualità, assieme alla più blasonata cugina d’occidente, la Chianina. Oggi le carni di razza marchigiana, assieme a quelle delle razze Chianina e Romagnola, hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta (IGP) con il marchio “Vitellone bianco dell’Appennino Centrale” e vengono prodotte nel rispetto di un specifico disciplinare. Allevamenti, trasformatori e rivenditori sono controllati da un organismo di certificazione e i dati anagrafici e di rintracciabilità insieme al marchio ed al certificato di garanzia accompagnano tutti i passaggi del prodotto fino al consumatore finale. La Provincia di Chieti conta circa 50 allevatori ed oltre 1.700 capi di razza Marchigiana, spesso dotati di punti vendita aziendale dove si può acquistare la carne certificata.

I Formaggi

La produzione di formaggi è abbastanza praticata nell’entroterra chietino. Gli ampi pascoli montani sono a disposizione di un settore zootecnico che, seppur in difficoltà, continua ad assicurare produzioni e prodotti di qualità. La Caciotta Frentana (prodotto tradizionale d’Abruzzo) è forse la tipologia di formaggio a latte vaccino, intero, semi stagionato più antica e diffusa sul territorio. Un tempo il latte utilizzato era solo crudo e proveniva esclusivamente da vacche di razza marchigiana, oggi può essere anche termizzato e le razze sono la bruna alpina, la frisona e la pezzata rossa. Si tratta di un formaggio dolce a pasta morbida, dal peso di 500–800 g, di forma cilindrica con le caratteristiche impronte lasciate sulla superficie dalle “friscelle”, utilizzate per la messa in forma. Viene consumato sia fresco di pochi giorni (primo sale), e allora si presenterà di pasta bianca, con qualche leggera occhiatura, dai sentori lattici, e alla masticazione risulterà un po’ gommoso; stagionato una ventina di giorni, i sentori saranno ancora lattici ma con rimandi al burro, la consistenza più morbida e la superficie esterna cerata. Molto utilizzato per la preparazione del fiadone sia dolce che salato ma anche per essere arrostito (nella versione primo sale). Il Caciocavallo abruzzese (prodotto tradizionale d’Abruzzo) è un formaggio vaccino a pasta filata prodotto con latte crudo, di forma globosa a pera, di colorazione esterna dall’avorio al marrone scuro in relazione ai tempi e modalità di stagionatura, del peso da 1 a 3 Kg. I formaggi dopo la filatura vengono modellati e poi legati a coppia con una corda, e posizionati a cavallo di aste per la maturazione. Incerta la derivazione del nome escludendo che il latte provenga da giumente perché non idoneo per la caseificazione, due sono le ipotesi: la prima è che la stagionatura avviene a cavallo di pertiche, però anche altri formaggi di forma sferica con nomi diversi, vengono così stagionati; la seconda che la denominazione sia stata mutuata dai paesi balcanici e Turchia, dove formaggi a pasta filata e non, da tempo si chiamano Kascaval, Qasqaval. La zona di produzione più tipica in provincia di Chieti è quella dell’alto Trigno, nei territori della comunità dell’alto vastese. Il formaggio al taglio presenta struttura compatta con le tipiche sfogliature, colore dal giallo chiaro, paglierino al giallo intenso (nei prodotti stagionati) e profumi che rimandano all’erba o al fieno in relazione al momento della produzione. Lo si inizia a consumare non prima dei 60-70 gg. ma il periodo di stagionatura ideale va da 100 a 120 gg. per le pezzature del peso intorno ad 1-1,5 Kg, fino ad un massimo di 12 mesi. Il sapore è dolce e pastoso nel prodotto più fresco, diventa più intenso e piccante con la stagionatura.

Il vino cotto

Il vino cotto (prodotto tradizionale d’Abruzzo), considerato da sempre il vino delle “occasioni speciali”, è un vino da dessert, già conosciuto al tempo dei Romani. Ancora oggi, soprattutto nell’entroterra abruzzese, in molti banchetti nuziali viene spillato al termine del pranzo dal padrone di casa da una piccola botte di legno preparata alla nascita del figlio maschio e conservata fino al giorno del suo matrimonio. Seppure esistono numerose varianti, la tradizione del vino cotto vuole che attraverso l’ebollizione in grossi calderoni di rame, si riduca il mosto fresco di uve bianche o rosse, al 25 –30 % di quello iniziale. Il mosto concentrato, chiamato sapa, viene fatto raffreddare, decantare e travasato in una botte di legno. Qui viene aggiunta una quantità di mosto fresco, dal doppio fino a cinque volte il volume del mosto iniziale, in relazione al grado alcolico che si vuole ottenere, e si lascia fermentare. Dopo una lunga e lenta fermentazione, il vino viene travasato e messo in botte. L’invecchiamento in botte ha una durata di almeno due anni, a quindici anni si può fregiare del marchio Gran Riserva. La gradazione alcolica è intorno ai 15°, il colore è ambrato più o meno intenso, i profumi ricordano la frutta secca e il caramello, in bocca si presenta da lievemente dolce ad un piacevole asciutto con un gradevole sentore di mandorle tostate. Caratteristiche uniche che hanno portato il Comune di Roccamontepiano ad avviare nel 2000 un progetto di valorizzazione e tutela di questo prodotto, favorendo la costituzione di una associazione che ne curi l’immagine e detti le norme di produzione e di commercializzazione.

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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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