Capestrano%2C+la+storia
abruzzo-vivoit
/capestrano-la-storia-29/amp/
Viaggi

Capestrano, la storia

C’è un punto, tra le montagne dell’Abruzzo, dove il tempo sembra piegarsi alla quiete e il vento sussurra storie antiche tra le pietre. È Capestrano, un borgo sospeso tra cielo e terra, dove le acque limpide del Tirino riflettono i profili dei monti e il passato affiora in ogni pietra. Qui tutto parla di mistero e di bellezza: il silenzio dei vicoli, il castello che domina la valle, la figura enigmatica del Guerriero di Capestrano, che da secoli veglia su queste terre. In questo angolo d’Abruzzo, il confine tra storia e leggenda si fa sottile, e chi arriva fin quassù ha la sensazione di entrare in un mondo intatto, dove la natura e l’anima si incontrano ancora.

abruzzo-vivo.it -Capestrano, la storia

CENNI STORICI

Il nome di Capestrano affiora per la prima volta in un documento del 1284, quando Carlo I d’Angiò donò questi territori a Riccardo d’Acquaviva di San Valentino. Ma la vita nella valle del Tirino è molto più antica: le sorgenti di Capodacqua hanno restituito tracce di insediamenti neolitici, e la continuità abitativa fino all’epoca italica è suggellata dal ritrovamento del celebre Guerriero di Capestrano e della necropoli nella valle. In età romana fiorì la città di Aufinium, posta lungo la Claudia Nova, arteria che univa l’Adriatico alla Sabina passando per Foruli, Amiternum, Aveia e Peltuinum, fino alla confluenza del Tirino con l’Aterno-Pescara, probabilmente ricalcando un antico tratturo italico.

Nel Medioevo gli abitati di Capodacqua, San Pelagia e Presciano dipendevano dall’abbazia di San Pietro ad Oratorium. Le scorrerie saracene spinsero le popolazioni a lasciare le “ville” di fondovalle per rifugiarsi in altura, costruendo rocche e borghi fortificati. Nacque così, sopra Presciano, Caput Presanum, da cui secondo l’Antinori deriverebbe Capestrano; per Chiappini, invece, l’etimo sarebbe “Caput trium amnium”, allusione alle tre sorgenti che alimentano il Tirino. Nel 1284 Carlo I d’Angiò ricompensò la fedeltà di Riccardo d’Acquaviva con il dominio della valle, che durò fino al 1318, quando Carlo III cedette Capestrano al milite Pietro da Celano. Nel 1435 il marchesato passò a Jacovella (Cobella) da Celano, vedova di Odoardo Colonna, poi sposa di Giacomo Caldora e quindi di Leonello Accrocciamuro; dal loro matrimonio nacque Ruggerone, che militò per Fortebraccio da Montone. Dopo la vittoria di re Ferrante, Ruggerone, schierato con Giovanni d’Angiò, perse il marchesato: il 12 ottobre 1463 il feudo fu assegnato ad Antonio Todeschini Piccolomini, duca d’Amalfi e nipote di Pio II. Gli succedettero Alfonso, Alfonso II, Innico e Costanza. Gravata dai debiti per la costruzione di Sant’Andrea della Valle a Roma, Costanza impegnò le terre di Capestrano e della baronia di Carapelle con Antonio Cattaneo per 96.000 ducati, con diritto di ricompra poi esercitato; quindi rivendette per 106.000 ducati a Francesco de’ Medici, granduca di Toscana, chiudendo nel 1569 l’epoca Piccolomini.

Nel castello resta visibile lo stemma Piccolomini con cinque mezze lune in croce sormontate da corona. Nel 1585 Francesco de’ Medici assegnò il territorio al figlio naturale Antonio, priore di Pisa, detto “principe Antonio”: il marchesato divenne così principato. Nel 1595 subentrò Ferdinando de’ Medici, poi Cosimo II e Francesco, che volle scritto sulla sua tomba “Princeps Capestrani”. Nel 1613 era governatore del principato Alessandro Tassoni; nel 1614 signore Carlo de’ Medici, seguito nel 1666 da Francesco Maria. Ultimo principe mediceo fu Gian Gastone; nel 1743 il principato di Capestrano e la baronia di Carapelle passarono a Carlo di Borbone. Da allora Capestrano fu promossa Città e così registrata nei vocabolari politici e militari del Regno.

IL CASTELLO PICCOLOMINI

Ampliato intorno alla metà del Quattrocento da Antonio Piccolomini, il castello conserva l’impronta di fortezza abitata. La torre quadrata interna, in posizione anomala rispetto al complesso, è ritenuta il mastio di un più antico recinto. L’architettura sfrutta gli appigli della roccia e ne segue i dislivelli, disegnando un profilo irregolare. Il corpo residenziale, a L, presenta il lato maggiore sulla piazza: un fronte allora cieco e protetto da fossato, la parte più difesa dai costruttori. Il restauro del 1924 aprì l’attuale ingresso e finestre per illuminare i saloni; l’accesso antico si trovava sul lato opposto.

Feritoie e bertesche vegliavano sulle vie d’ingresso, suggerendo alla fantasia le aspre difese d’un tempo. Un ponte levatoio, poi sostituito da una scalinata in pietra, oltrepassava il fossato verso la corte patronale, con il pozzo e la bella scala che sale ai piani superiori. Nel muro tra le due corti si legge un’iscrizione romana riferita a Claudio, richiamo alla Claudia Nova che attraversava la valle. Il borgo e il castello erano avvinti da una cinta muraria con cinque porte: Porta Parete, Porta del Sacco, Porta del Lago, Porta la Palma e Porta Castello o Porta la Macchia. Le mura resistettero agli assedi di Fortebraccio da Montone (1423) e di Pietro Navarro (1528), alla guida delle truppe francesi contro L’Aquila. L’ultimo restauro ha restituito due saloni oggi vivi di congressi, feste e attività culturali.

SAN PIETRO AD ORATORIUM

Sulla sponda sinistra del Tirino, all’altezza del mulino Campanella, sorge la chiesa di San Pietro ad Oratorium, antica dipendenza di San Vincenzo al Volturno e per secoli cuore spirituale e politico della valle. Se ne hanno notizie dal 752 (bolla di Stefano II). Re Desiderio la riedificò nel 756; fu rinnovata nel 1100, come ricorda l’iscrizione sull’ingresso: “A REGE DESIDERIO FUNDATA MILLE NOCENTENO RENOVATA”. L’interno a tre navate e tre absidi rotonde si apre in sette arcate a tutto sesto su pilastri quadrangolari; nel XII secolo fu aggiunto il ciborio monumentale. Nell’abside centrale sopravvivono preziosi affreschi del primo XII secolo: Cristo Redentore, gli Evangelisti, i vecchi dell’Apocalisse e, in basso, gli abati in preghiera.

La facciata, sobria, accoglie un portale con architrave liscio che reca l’iscrizione del 1100, sormontato da doppio arco di scarico decorato, entro cui è dipinto San Pietro. A destra del portale è scolpito San Vincenzo diacono; a sinistra Davide con cartella e, ancora oltre, il celebre “quadrato magico” palindromo, interpretato come “il contadino con l’aratro coltiva tutto intorno”. La chiesa fu consacrata nel 1117 da Pasquale II, che vi portò le reliquie di San Pietro, ne tutelò l’autonomia e concesse all’abate anello, sandali, pastorale e chiroteche, elevandola a diocesi nullius. Nel 1449 commendatario fu Pietro Francesco Piccolomini, futuro Pio III. All’interno si conserva un lastrone con le armi dei Piccolomini inquartate con Aragona e con gli stemmi Del Pezzo, memoria di un restauro del 1525.

IL GUERRIERO DI CAPESTRANO

Nel settembre 1934 il caso fece dono alla scienza di una rivelazione: durante uno scasso per impiantare una vigna nella valle del Tirino, tra le tre sorgenti sull’altopiano di Capestrano, emerse una statua virile a grandezza naturale, in pietra calcarea locale. Così Giuseppe Moretti della Soprintendenza di Roma aprì la sua relazione sullo scavo della necropoli. La statua, poi battezzata Guerriero di Capestrano, è oggi icona dell’Abruzzo per originalità e potenza formale.

IL GUERRIERO ITALICO

Rinvenuto da Michele Castagna in località Cinericcio, il Guerriero misura 209 cm senza base. Indossa un copricapo piatto a larghe tese sormontato da cimiero, porta una maschera facciale e tiene le braccia ripiegate sul ventre, gesto ricorrente nei corredi italici. Sul petto e sulla schiena brillano due kardiophylax; tra le braccia stringe ascia e spada, sull’elsa minuscole figure umane e animali. Due pilastrini lo sostengono, incisi con lance: su uno corre una enigmatica iscrizione osco-umbra arcaica (“MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII”), variamente interpretata – tra cui la lettura di Fulvio Giustizia “me bella immagine fece Ananis per il re Nevio Pomp[ule]io” – senza esito definitivo. Accanto al Guerriero, databile alla fine del VI sec. a.C., venne alla luce un busto femminile ornato di monili, probabilmente la sua compagna. Entrambe le opere sono esposte al Museo Archeologico Nazionale di Chieti. La tradizione popolare ricorda la statua come la “mammocce”, “fantoccio”, soprannome affibbiato per gioco anche allo scopritore.

LA VITA DI S.GIOVANNI

Nel 1383, al seguito di Luigi d’Angiò, giunse in Abruzzo un barone tedesco che sposò una donna della famiglia D’Amico di Capestrano. Il 24 giugno 1386, alle ore 21, nacque Giovanni, così chiamato in onore del Battista; fu battezzato in Santa Maria del Rosario. Giovinezza tra studi e leggende, Giovanni si formò con ottimi maestri; a 18 anni avviò a Perugia il diritto civile ed ecclesiastico. Chiamato da re Ladislao a Napoli, divenne consigliere della Vicaria, poi inviato a Perugia come giudice e luogotenente del Capitano del Popolo. Caduto prigioniero dei Malatesta nel castello di Brufa, fu incatenato e tenuto a pane e acqua; tentò la fuga calandosi dalla torre, quindi, ricondotto in ceppi, ebbe – raccontano – l’apparizione di San Francesco. Riscattato con 400 ducati, tornò a Capestrano, sciolse un matrimonio mai consumato e, come atto d’umiltà, attraversò Perugia con un cappello che elencava i propri peccati, cavalcando un asino alla rovescia.

Il 4 ottobre 1415 entrò a Monteripido; poi a Fiesole con San Bernardino da Siena, suo maestro. Predicatore ardente e infaticabile, lavorò nei cantieri dell’ospedale di San Salvatore all’Aquila e fondò conventi, avviando nel 1447 quello di Capestrano. Dal 1451 passò oltre Alpi; Callisto III lo incaricò di sollecitare gli eserciti cristiani contro l’avanzata ottomana. Al fianco di Giovanni Hunyadi, il 22 luglio 1456, guidò i crociati alla vittoria di Belgrado. Colpito dalla peste il 6 agosto, fu trasferito a Ylohk (Villaco) e morì il 23 ottobre 1456 a 70 anni. Lasciò libri e manoscritti a Capestrano, affidandoli a fra Giovanni da Tagliacozzo e fra Ambrogio da L’Aquila; Alessandro VIII lo canonizzò il 16 ottobre 1690. Cosimo III de’ Medici proclamò otto giorni di festa e donò il busto argenteo del Santo; nel 1984 Giovanni da Capestrano è stato proclamato patrono dei cappellani militari di tutto il mondo.

CONVENTO DI S.GIOVANNI

Il convento sorse nel 1447 su un sito donato da Cobella da Celano (documento del 1° dicembre 1447), nei pressi della Palombara, dove la leggenda colloca il castel vecchio di re Desiderio. In origine era piccolo: nucleo tra l’attuale sacrestia e cantina, una decina di celle al piano superiore, le “officine” al piano terra, ingresso presso la cappella di Santa Marta. Una biblioteca era già attiva nel 1456 per custodire i libri del Santo. Nei secoli, con il crescere delle vocazioni, arcate, colonne e corridoi ridisegnarono il complesso: nel 1620 il chiostro fu dipinto con episodi della vita del Santo; nel 1654 un lanificio con venti addetti tesseva per frati e borghesi. Nel 1680 il convento poteva ospitare 25 religiosi; una nuova fabbrica, iniziata nel 1709, creò un quadrato a due piani con cortile-orto; al piano terreno il grande refettorio (affresco 1724), nel 1736 il lanificio accolse un carcere provinciale per religiosi e nel 1737 si aprì una farmacia. La biblioteca del 1742, la scala regia del 1750 e la cisterna del 1774 segnano l’età matura; l’ultima ala è del 1853. La biblioteca, con oltre 4.000 pezzi, fu in parte trasferita a Napoli e alla provinciale dell’Aquila. Nel 1977 si ampliò il piazzale e si collocò la statua di San Giovanni alta 6 metri (P. Andrea Martini). Tra 1993 e 1997 il complesso ha conosciuto un ampio restauro. Nel museo si ammirano gli oggetti del Santo (mantello, bastone, sandali, una Bibbia su pergamena del XV secolo donata da Callisto III) e preziosi arredi sacri.

CHIESA DI S. FRANCESCO

Annessa al convento, la chiesa di San Francesco nacque più piccola e più bassa dell’attuale; la data d’ultimazione si legge nel 1488 sulla lunetta del portale con San Francesco e San Giovanni. Nel 1457, all’arrivo delle reliquie, fu allestita una prima cappella nel luogo dell’attuale. La doratura dell’altare e degli armadi risale al 1690, anno della canonizzazione; sopra l’altare gli stemmi dell’Università di Capestrano e dei Medici. La statua del Santo in terracotta è del XVIII secolo (probabile manifattura di Bussi); il coro in noce è del 1735; campanile settecentesco con campane del 1761 e 1773. Il porticato antistante è del 1751 e fu base per la nuova facciata del 1925. Sulla volta quattro scene: conversione nel carcere di Brufa, vestizione a Monteripido, gloria di San Giovanni, visione e adorazione del Nome di Gesù con San Bernardino e San Giacomo della Marca.

S. MARIA DEL ROSARIO

La chiesa è attestata già nel 1366. Le molte trasformazioni hanno cancellato elementi gotici e romanici; fu sede di confraternite che nel 1617 commissionarono a Muzi da Raiano il quadro tuttora visibile. Priva di rendite, ricorse spesso all’aiuto dei fedeli: nel 1754 il vescovo esortò la popolazione a sostenerne i restauri. Cessò di essere parrocchia nel 1810.

S. MARIA DELLA PACE

Edificata nel 1643 sulla preesistente Santa Maria della Macchia, conserva la fonte battesimale del 1839 (maestro Carloantonio Santini); coro, sacrestia e campanile sono del 1837; la Via Crucis del 1873. Nel 1965 la chiesa fu restaurata dal Genio Civile (tetto, pareti, facciata) e dalla popolazione (pavimento, altare maggiore, battistero).

S. BIAGIO

L’antica San Giovanni nel nucleo di Capodacqua è una chiesa semplice a navata unica, menzionata già nel 1133 (bolla di Lucio III). Accanto sorgeva la Taverna con lo stemma dei Medici in facciata. S. Maria della Mercede, presso le sorgenti del lago, era in rovina nel 1754; restaurata nel 1869, versa oggi in condizioni peggiori.

S. MARIA DI LORETO

Eretta vicino alle sorgenti di Presciano, anticamente detta Santa Maria della Misericordia, aveva annesso un piccolo ricovero per pellegrini, l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia di Presciano extra. Sull’altare un quadro del 1777 raffigura la Vergine, San Rocco e San Giovanni. Ai lati, due targhe: N.S.M.V. (“Nativitas Sanctae Mariae Virginis”) e lo stemma di Capestrano, una rocca su un monte da cui sgorgano tre fiumi.

S. ROCCO

Protettore contro peste e colera, le sue chiese sorgono spesso ai crocevia per “sbarrare la strada” alle epidemie. L’antica chiesa del 1753 è stata sostituita da quella attuale, allo snodo tra la strada per San Giovanni e quella per Ofena. In facciata due lapidi ricordano i capestranesi caduti in guerra.

S. GIOVANNI E L’ARTE

Nel muro esterno di Santo Stefano a Vienna, su un pulpito di pietra da cui San Giovanni predicava, campeggia la sua figura con bandiera crociata e piede sul nemico: il monumento risale all’epoca della canonizzazione. A Buda (Ungheria), dinanzi al castello imperiale, nel 1922 fu innalzato un monumento al Santo, divenuto simbolo di unità nazionale. La statua sul sagrato del convento di Capestrano è di P. Andrea Martini (1977). Tra le raffigurazioni più antiche spiccano il dipinto di Tommaso Burgkmair (1452, Galleria Nazionale di Praga) e la tavola di Bartolomeo Vivarini (1459, Louvre, trafugata da Napoleone nel 1861; una copia è a Gagliano Aterno). Una grande tela è al Museo Nazionale dell’Aquila; un Dandini è nella chiesa di Ognissanti a Firenze; a IlohK si conserva una pala d’altare dedicata al Santo. Nel chiostro del convento di Capestrano si ammirano affreschi del 1620 e pitture di Cordeschi (1924) e Baroni (1955). A Popoli, nella SS. Trinità, il Santo appare in uno degli otto dipinti della cupola; a Napoli, in Santa Maria la Nova, si custodisce un busto d’argento e rame di Francesco D’Angelo (1698). Un crocifisso ligneo con braccia pieghevoli, appartenuto al Santo, era nel convento di San Giuliano all’Aquila, trafugato nel 1985.

CAPESTRANO NEL “PARCO”

Capestrano è uno dei 44 Comuni compresi, in tutto o in parte, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga: un mosaico di 149.000 ettari che abbraccia Abruzzo, Lazio e Marche, toccando le province di Ascoli Piceno, L’Aquila, Pescara, Rieti e Teramo. Fauna e flora compongono un patrimonio straordinario: Cervo, Capriolo, Istrice, Gatto selvatico, Lupo appenninico, reintroduzione del Camoscio d’Abruzzo e sporadiche segnalazioni di Orso bruno marsicano; nei cieli Aquila reale, Lanario, Astore, Falco pellegrino, Gracchio corallino e Gufo reale. I faggeti secolari ospitano la rara Rosalia alpina. La flora conta oltre 1.600 entità: dal Faggio che risale fino a 1.800 metri alle praterie sommitali, passando per Cerro, Roverella, Leccio, con rarità come Betulla e Abete bianco, e presenze di Tasso e Agrifoglio. Nei prati spuntano Orchidee e Genziane; in quota Dryas octopetala, Nigritella widderi, Silene acaule, con Papavero alpino, Primula abruzzese, Astragalo aquilano, Stella alpina appenninica. Di recente è stata segnalata la Donide gialla, unico sito italiano dagli anni ’50.

Ma il Parco è anche storia umana: dal Paleolitico inferiore alle civiltà della transumanza, i paesi conservano saperi e architetture nate in armonia con la natura. Nei Comuni del Parco si allestiscono centri servizi; uno dei più significativi sorgerà, d’intesa con il Comune, proprio a Capestrano, nella chiesa di Santa Maria di Presciano.

IL FIUME TIRINO

La valle del Tirino, o Valle Trita, è una depressione tettonica colmata nel Quaternario da spessori di sedimenti lacustri. I limi calcarei affiorano vicino alle sorgenti e, poco permeabili, favoriscono l’emergenza delle acque di falda provenienti dal Gran Sasso e dalla piana di Navelli. Il fiume nasce da tre sorgentiCapodacqua, il Lago, Presciano – da cui deriva il nome, legato alla radice greca “Tritano” (“triplice sorgente”); Vitruvio lo chiamò Trite, Plinio Trithale. Nel territorio di Bussi riceve ulteriori apporti da Sambuchi e Fontanelle. Con i suoi 11 km, il Tirino scorre limpido in ogni stagione: portata attorno a 6.000 l/s e temperatura stabile sui 11 °C. Vi nuota la trota fario autoctona (Salmo trutta), con livrea punteggiata di rosso; depone fra novembre e marzo presso le sorgenti, con 1.500–2.000 uova per kg. Le trote raggiungono mediamente 150–800 g, ma non mancano esemplari ben più grandi. Il Comune di Capestrano vanta il diritto esclusivo di pesca, aperta di solito da febbraio a ottobre. Mulini, valchiere, orti e pesca hanno a lungo nutrito le comunità lungo le sponde.

FORCA DI PENNE E MONTE PICCA

Forca di Penne, frazione a 918 m s.l.m., è un valico vivo di migrazioni primaverili: fringuelli, cardellini, verdoni, peppole, e un passo interessante di rapaci – albanelle, poiane, falchi, cuculi, pecchiaioli. Nidificano sparviere e gheppio sulle rupi basse, poiana, allocco, picchio verde, zigolo nero, averla piccola, codirosso, e il gracchio corallino sulle più alte; frequenti gli avvistamenti di Aquila reale e Falco pellegrino. Tra i mammiferi: lupo, istrice, tasso, faina, volpe e, talvolta, orso. Il centro è dominato da una torre medievale d’avvistamento, baluardo sul traffico tra il versante Aquilano e Vestino.

PASSEGGIATA PER IL CENTRO STORICO

La visita ideale inizia dalla fontana monumentale in piazza del mercato; scendendo per via Roma si incontra, sulla sinistra, palazzo Cataldi. Al termine della discesa ecco piazza Capponi, che prende nome dall’omonimo palazzo, oggi sede della Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila. I Capponi giunsero da Firenze con Federico Capponi, che nel 1627 succedette al cardinale Leni come commendatario di San Pietro ad Oratorium, ottenendo benefici nel territorio insieme a quattro fiorentini.

Svoltando a sinistra, costeggiato palazzo Capponi, si scende verso piazza Parete; lungo il percorso si affacciano palazzo Verlengia, palazzo Alessandroni e, tra i due, palazzo Sonsini. Nella piazza si trova la chiesetta di Santa Caterina (1449). Oltre Porta Parete si entra nel recinto fortificato; proseguendo si scorge in basso, a destra, Porta del Sacco. Risalendo il vicolo si giunge a Santa Maria del Rosario, dove – secondo la tradizione – fu battezzato San Giovanni e dove è sepolto Antonio Piccolomini, assassinato nei pressi di Sulmona. Sopra l’ingresso, al posto dell’organo distrutto durante l’ultima guerra, restano tre stemmi in gesso: al centro quello dei Medici con le sei palle.

Aggirando l’edificio e scendendo sulla destra si raggiunge Porta del Lago; in una stradina a destra, poco prima della porta, s’incontra la casa natale di San Giovanni. Da Porta del Lago, risalendo a sinistra lungo le antiche mura, si arriva a Porta la Palma passando davanti a palazzo Colasacco. Da lì, salendo a sinistra, si ritorna sul percorso della “processione” all’altezza di palazzo Carli, quindi di nuovo in piazza del mercato, tra palazzo Corsi, De Rubeis e Tecca. Lungo la strada verso il convento di San Giovanni si incontrano anche palazzo Migliorati e palazzo Piccioli.

In questo dedalo di pietra, dove ogni passo risuona di acqua e di storia, Capestrano racconta secoli di fede, potere e paesaggio: un racconto che vive nelle chiese, nei palazzi, nei ponti di luce del Tirino e nella memoria di un Guerriero che, dal profondo del tempo, continua a restituire identità a un’intera terra.

Delania Margiovanni

Passione innata per il make up e per tutto ciò che concerne la bellezza e la cura del corpo. Elargire consigli è la mia prima missione, la seconda è quella di convertire le donne svogliate!!!

Recent Posts

TFR: la regola per calcolarlo in maniera corretta che in molti non conoscono

La Cassazione ha chiarito quali sono le voci della busta paga da includere nel calcolo…

2 ore ago

Black Friday 2025, PlayStation 5 ad un prezzo mai visto: sconto di 150 euro

L’offerta sulla quinta generazione della console Sony è diventata virale. Scopriamo a che prezzo viene…

12 ore ago

Viaggi in auto in inverno, così risparmi 200 euro l’anno di benzina

In inverno bastano alcuni piccoli accorgimenti alla guida per riuscire a risparmiare sulla benzina.  Quando…

16 ore ago

5 trucchi segreti per pagare il treno la metà (il nº 3 lo ignorano tutti!)

Cinque strategie concrete per ridurre il costo dei biglietti ferroviari e viaggiare in Italia spendendo…

21 ore ago

Si trovano in Abruzzo le grotte più alte d’Europa: visitarle è l’occasione per immergersi nella natura incontaminata

La Grotta del Cavallone è un sito di enorme interesse naturalistico. Cosa lo rende così…

1 giorno ago

Perché Joker odia così tanto Batman? Svelata la verità sul cattivo per antonomasia della DC Comics

Tra il Cavaliere Oscuro e Joker non corre buon sangue. In pochi ricordano l’originale di…

2 giorni ago