Il borgo di Escher, Castrovalva

Nel cuore dell’Abruzzo, tra le pieghe rocciose della Valle del Sagittario, si nasconde un piccolo borgo che sembra sfidare le leggi della gravità. Castrovalva, minuscolo paese arroccato su una cresta montuosa tra Pratola Peligna e Cocullo, si mostra all’improvviso a chi percorre la strada che serpeggia lungo la valle: poche case di pietra, aggrappate alla montagna come nidi sospesi sul vuoto. Un luogo che pare uscito da un sogno o, meglio, da una litografia di Maurits Cornelis Escher, il geniale artista olandese che ne immortalò l’essenza nel 1930.

scale come quadro escher
abruzzo-vivo.it -Il borgo di Escher, Castrovalva

Il nome stesso del borgo, Castrovalva, racconta la sua storia. Deriva da Castrum de Valva, e testimonia sia l’appartenenza all’antica diocesi di Valva, la cui sede era nella basilica di San Pelino a Corfinio, sia la natura fortificata del paese, il cui impianto medievale è tuttora evidente. Raggiungere Castrovalva non è impresa da poco: la strada sale con una sequenza di tornanti che si arrampicano lungo il fianco della montagna, sfiorando a strapiombo il corso del fiume Sagittario, per poi attraversare un crinale con una galleria scavata nella roccia. Forse è proprio per questa difficoltà, solo apparente, che Castrovalva resta lontana dai percorsi turistici più frequentati, nonostante la sua vicinanza con Scanno, tra i borghi più celebri d’Abruzzo.

A Castrovalva non si capita per caso: ci si arriva per scelta, o per curiosità, attratti dalla fama discreta di un luogo rimasto intatto, fuori dal tempo e dal turismo di massa. La sua posizione, sospesa tra cielo e montagna, le conferisce un fascino austero. I venti sferzano le sue strette viuzze, e l’aria rarefatta amplifica il silenzio. È proprio questo senso di isolamento, di equilibrio precario tra terra e cielo, che colpì Escher durante il suo viaggio in Abruzzo nei primi anni Trenta.

L’artista olandese, allora giovane e ancora lontano dalle celebri invenzioni grafiche che lo avrebbero reso immortale, era affascinato dai paesaggi italiani e viaggiava spesso attraverso regioni poco battute come la Calabria, la Sicilia e l’Abruzzo. Fu qui, tra le montagne della Valle del Sagittario, che Escher trovò ispirazione per alcune delle sue opere più enigmatiche. La litografia “Castrovalva” (1930) è una delle prime testimonianze di questa fascinazione: l’immagine mostra il borgo visto da una prospettiva vertiginosa, come se fosse il punto d’arrivo di una lunga e faticosa salita. Il paese si adagia sulla cima del crinale, avvolto da nubi, e al di sotto si apre l’abisso delle gole del Sagittario, con Anversa degli Abruzzi, di cui Castrovalva è frazione, già lontana sul fondo della valle.

In quell’immagine, Escher non si limita a riprodurre la realtà: ne cattura la dimensione metafisica, la tensione tra equilibrio e vertigine, tra stasi e movimento. Lo sguardo dello spettatore è trascinato verso l’alto, come in un percorso di ascesa. Non un semplice paesaggio, ma una meditazione sulla fatica e sulla bellezza di arrivare in cima, sulla percezione stessa dello spazio.

Dopo aver lasciato l’Italia nel 1935, a causa dei contrasti con il regime fascista, Escher avrebbe portato alle estreme conseguenze le sue riflessioni sulla prospettiva e la rappresentazione della realtà. Le sue famose architetture impossibili , scale che salgono e scendono all’infinito, logge che si intrecciano in paradossi visivi, sembrano nate proprio da quell’esperienza italiana, dal suo confronto con i borghi arroccati dell’Abruzzo come Castrovalva, Opi, Alfedena o Goriano Sicoli. C’è chi vede in quelle opere una sorta di eco lontana di quelle salite impervie, delle case incastrate una sull’altra come in un gioco geometrico perfetto.

Eppure Castrovalva non è solo il riflesso di una visione surreale: è anche un luogo reale, concreto, dove si respira una pace antica e ascetica, simile a quella degli eremi della Majella o delle abbazie benedettine che punteggiano il verde abruzzese. Passeggiando tra le sue stradine strette, lo sguardo spazia su un paesaggio maestoso, dominato dalle montagne e dal silenzio. Qui il tempo sembra davvero essersi fermato, come se l’opera di Escher avesse imprigionato il borgo in una dimensione sospesa, tra arte e natura.

Chi arriva fino in cima, superando curve e tornanti, scopre che Castrovalva è un punto di arrivo e di contemplazione, proprio come nella litografia dell’artista olandese. È un luogo che invita a fermarsi, a osservare, a sentire il vento che corre lungo il crinale e a perdersi nei giochi di prospettiva delle sue vie. Forse è proprio questa la magia che Escher seppe cogliere meglio di chiunque altro: l’idea che la realtà, anche la più concreta, può trasformarsi in arte quando la si guarda con occhi diversi.

Oggi Castrovalva continua a custodire questo mistero, sospesa tra il reale e l’immaginario, tra il fascino della pietra e quello della mente. Un piccolo borgo d’Abruzzo che, più di ogni altro, sembra davvero uscito da un quadro di Escher.

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