Il culto delle acque in Abruzzo – di Silvia Scorrano

Nell’Abruzzo cristiano, la numerosità dei santi patroni dell’acqua e dei rispettivi luoghi di culto testimonia la forte e variegata religiosità che ha caratterizzato la regione. Esteso ad interessare l’intero territorio regionale, il culto delle acque presenta una significativa concentrazione nella fascia montana grazie al concorrere di una serie di elementi quali la presenza di numerose grotte e ripari sottoroccia, e la scarsa, se non assente, idrografia superficiale compensata da un’abbondante circolazione ipogea dalla quale scaturiscono risorgenze essenziali per la vita degli uomini e degli animali e, in quanto tali, venerate (BURRI, 2007).

In aggiunta, l’effettiva presenza di acque minerali terapeutiche – si ricordano gli stabilimenti termali di Caramanico Terme, Popoli, Raiano e Canistro – ha sostenuto nel tempo un complesso di credenze che l’ha posta al centro di riti medicamentosi. Ma, il potere curativo dell’acqua richiede l’intercessione del soprannaturale e sotto questo aspetto bisogna puntualizzare la forte spiritualità che ha contraddistinto il territorio regionale alla quale hanno contribuito la vicinanza a Roma e la posizione di collegamento tra il nord e il sud della penisola, tanto che il processo d’evangelizzazione sarebbe avvenuto, secondo la tradizione locale, già in epoca apostolica. La particolare morfologia del territorio ha favorito la presenza di religiosi dediti alla vita ascetica e contemplativa in altura, mentre nei fondovalle sorgevano importanti centri monastici con proprietà estese fino ai pascoli di alta montagna in un rapporto di mutua assistenza, materiale e spirituale, tra gli insediamenti degli eremiti e i pastori. Effettivo potere terapeutico, credo religioso e necessità di dover ricorrere al “miracolo” per compensare i vuoti della scienza medica o l’impossibilità economica di poter ricorrere alle cure mediche hanno portato ad attribuire all’acqua, come alle più svariate sostanze, poteri curativi nel rispetto di una ritualità prestabilita entrata a far parte delle tradizioni popolari.

 

 

Ancora oggi, in numerose manifestazioni religiose l’acqua è l’elemento centrale di una cerimoniale codificato e tramandato nel tempo. Tra le divinità delle sorgenti oltre all’Arcangelo Michele, principe delle acque, il patronato è stato attribuito a santi che hanno soggiornato ed operato nel territorio regionale: – fra’ Pietro, papa per qualche mese (precisamente dal 29 agosto al 13 dicembre 1294) con il nome di Celestino V, San Rocco de la Croix, San Franco l’eremita, San Domenico e San Nunzio Sulprizio – o il cui culto vi è stato importato dalle regioni limitrofe: san Bartolomeo apostolo, san Cataldo vescovo, sant’Ippolito, san Francesco d’Assisi. Tra le figure femminili, la devozione popolare attribuisce la sacralità di talune fonti all’operato della Madonna, a santa Lucia, a sant’Agnese e a tre sante protettrici delle puerpere e, più in generale, della fertilità: Sant’Agata, Santa Eufemia di Calcedonia e Santa Scolastica. In epoca pagana, Ercole e la dea Bona erano i due principali numi delle acque sostituiti, con l’avvento del cristianesimo, da san Michele Arcangelo, sant’Ippolito e sant’Agata. La venerazione per l’Arcangelo Michele, ad esempio, rappresenta il più palese esempio di sovrapposizione tra culti in quanto va a sostituirsi a quella per divinità del pantheon precedente, in particolare di Ercole uno degli dei pagani più adorati in Abruzzo.

 

Santa Eufemia di Calcedonia

La strettissima analogia iconografica tra le due divinità dimostra la permanenza nella religiosità popolare del culto italico, conservato pressoché intatto attraverso il trasferimento degli attributi di Ercole all’Arcangelo Michele, entrambi guerrieri contro il diavolo e simili nell’immagine che li vuole raffigurati con l’arma – la spada per l’Angelo, la clava per Ercole – sollevata nell’atto di colpire. A Corfinio, i reperti riportati alla luce in una campagna di scavo compiuta vicino alla Fonte di sant’Ippolito consentono di attribuire alla sorgente culti idroterapici legati alla figura di Ercole sostituita, con il diffondersi del cristianesimo, da sant’Ippolito. Il Santo è venerato il 13 agosto, giorno in cui secondo la tradizione romana sarebbe apparso Ercole presso la Fonte. Anche sul Morrone, la vicinanza tra uno dei più importanti luoghi di culto dedicati ad Ercole Curino e l’Eremo di Sant’Onofrio lascia ben presumere una continuità cultuale. A Castelvecchio Subequo la chiesa dedicata a sant’Agata è stata edificata sui resti di un antico tempio destinato al culto di Ercole. Anche qui, la presenza di acqua lascia ipotizzare che vi si praticassero dei riti idrici sostituiti, con l’avvento del cristianesimo, dal culto per la Santa. A Palombaro, invece, la venerazione per sant’Agata si sarebbe sovrapposta al culto in onore della dea Bona, protettrice delle popolazioni che abitarono quella che attualmente viene ritenuta una delle più importanti aree archeologiche abruzzesi. Sempre alla presenza dell’acqua sia all’interno dell’eremo di san Bartolomeo in Legio che nel sottostante vallone si ricollega la frequentazione dell’area nell’antichità (Fig. 2). Il rinvenimento, effettuato da de Pompeis, di un’industria litica e di notevoli resti di macellazione appartenenti alle tribù di cacciatoriraccoglitori del paleolitico superiore costituisce una importante testimonianza.

IL PATRIMONIO CULTURALE
Il culto delle acque, con le sue testimonianze architettoniche, ha segnato il territorio regionale con diverse tipologie di monumenti, dalle semplici fontane-abbeveratorio, agli eremi, dai santuari pagani alle moderne chiese edificate nel XX secolo. Numerose fontane (anche nella tipologia dell’abbeveratoio) localizzate in prossimità di conventi, monasteri e chiese rurali o lungo le piste tratturali erano, e in alcune ipotesi sono ancora, meta di pellegrinaggi. Molto importanti sotto il profilo storico-artistico, oltre che particolarmente suggestivi da un punto di vista paesaggistico, risultano i siti in grotta delle acque sacre localizzati in posizione marginale rispetto alle principali vie di transito, se non nel più totale isolamento. Essi si caratterizzano per il riuso sistematico di preesistenti cavità naturali (San Venanzio a Raiano, San Bartolomeo in Legio a Roccamorice) e di ripari sottoroccia (Sant’Agata d’Ugni), alcuni con aggiunte in muratura o con opere di canalizzazione delle acque.

 

San Bartolomeo in Legio a Roccamorice

Taluni eremi hanno perso nel corso dei secoli il loro primitivo aspetto per dotarsi di più locali, tra cui un luogo di culto di una certa consistenza e di celle per i monaci. L’eremo di sant’Onofrio a Maiella, ad esempio, edificato non prima dell’XI secolo, era utilizzato per il ritiro spirituale dei monaci della vicina Abbazia di san Liberatore a Maiella, secondo un modello di ascesi mistica di origine orientale, e come grangia per la gestione dei possedimenti montani. La devozione popolare verso le acque sacre ha portato a riedificare alcuni luoghi di culto, come il santuario dedicato a san Nunzio Sulprizio (Pescosansonesco) e la chiesetta di santa Scolastica (Corropoli) entrambi riedificati, rispettivamente, nel 1990 e nel 1970. Oltre al patrimonio architettonico, bisogna ricordare il ricco patrimonio immateriale costituito dalle ritualità cultuali e dalle feste popolari che con il loro ciclico ripetersi permettono il perpetuarsi di una memoria collettiva in grado di cementificare e fortificare i rapporti in seno alla comunità. Tuttavia, le ritualità non sono immuni dal subire un processo di turisticizzazione che può portare a cantonalizzare e a spettacolizzare il rito cultuale all’interno di una manifestazione nella quale l’aspetto ludico predomina, spesso, sull’evento mistico; inoltre, alcuni riti dalle tinte forti se non compresi e contestualizzati rischiano di mantenere il mondo popolare in una posizione subalterna nei confronti della cultura intesa come modernità. Gli elementi fin qui raccolti consentono di riconoscere al culto delle acque un ruolo centrale in un processo di marketing turistico rivolto alla valorizzazione di stratificazioni culturali e sociali, fotografate anche in forma letteraria ed al contempo in grado di far emergere le peculiarità dei singoli ambiti territoriali in termini di caratteristiche naturalistiche, paesaggistiche e storico-archeologiche. In tale ottica, la memoria storica può essere trasformata in un fattore innovativo, un fattore di sviluppo, come dire un futuro dal passato. Inoltre, tenendo conto dell’ampia diffusione spaziale del fenomeno e partendo dal presupposto di voler rivalorizzare una particolare tradizione con il duplice obiettivo di potenziare l’offerta turistica locale e di evitare la semplice banalizzazione dei riti a vantaggio di una promozione turistica rispettosa delle tradizioni locali la scrivente ha ipotizzato la creazione de I Sentieri delle Acque Sacre d’Abruzzo © completati da una Strada Letteraria delle Acque Sacre 1 , un percorso in cui la letteratura che molte volte è stata complice nel restituire una immagine stereotipata dell’Abruzzo, posto ai confini del mondo, inaccessibile e abitato da montanari/pastori, viene utilizzata per la ri-scoperta di una complessità culturale e identitaria, nonché per rinnovarne e impreziosirne l’immagine. In particolare, i luoghi di culto e le stesse ritualità, ricche di significati storici, artistici e non ultimo folcloristici, costituiscono un’espressione identitaria in grado di innestare un processo di sviluppo turistico che va oltre gli stereotipi del turismo di massa e del paesaggio-cornice a vantaggio di una riscoperta e di una valorizzazione del milieu locale. In tale ottica, le acque sacre, quale risultato della combinazione di elementi naturali e antropici, possono costituire l’elemento centrale di una serie di itinerari turistici incentrati sul patrimonio artistico e culturale meritevole di una giusta valorizzazione nell’ambito della turisticità 2 abruzzese. In conclusione, l’acqua da elemento naturale può costituire l’oggetto attorno al quale costruire un processo di promozione del territorio in grado di agire su più fronti: l’acqua quale risorsa naturale, l’acqua quale elemento di riti e tradizioni (acqua intesa come bene culturale immateriale), e l’acqua quale bene culturale materiale in quanto per la sua venerazione sono stati costruiti edifici sacri.

@ Silvia Scorrano

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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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