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Aprutium storia e territorio

 

 

Nel vasto territorio ove dimorarono i diversi popoli di origine sannita e sabellica (pretuzi, vestini, marrucini, peligni, marsi, caraceni, equi, frentani e pentri), successivamente meglio noti col nome di «italici» a motivo delle leghe politico- militari (guerra sociale, 91-88 a.C.) organizzate contro Roma, cui nel tempo presiedettero Corfinium (Italia), Bovianum e Aesernia, il cristianesimo mette antiche radici, agevolato da un non trascurabile plesso viario che collegava tra loro i territori delle due regioni, e queste con la vicina Roma, capitale dell’Impero. Dopo che Lucio Cornelio Sylla ebbe sedato nel sangue l’ardore dei rivoltosi sanniti, l’imperatore Augusto, unificando l’Italia in undici distretti amministrativi, fissò i limiti geografici dell’attuale Abruzzo e Molise tra la I Regio (Latium-Campania, con Venafrum), la II (Hirpinia-Apulia-Calabria, con Larinum), la IV (Sabina-Samnium) e la V (Picenum). In queste ultime erano presenti, fra gli altri, i centri di Alba Fucens (presso Massa d’Albe), Carsioli (Carsoli), Marruvium (San Benedetto dei Marsi), Aveia Vestina (presso Fossa), Amiternum (presso L’Aquila), Peltuinum (Prata d’Ansidonia), Aufinum (Ofena), Pinna Vestina (Penne), Hatria (Atri), Corfinium (Valva), Sulmo (Sulmona), Teate Marrucinorum (Chieti), Hortona (Ortona a Mare), Anxanum (Lanciano), Histonium (Vasto), Aufidena (Alfedena) Bovianum Undecumanorum (Boiano), Saepinum (Altilia, presso Sepino), Aesernia (Isernia), Terventum (Trivento), e Interamnia Prætut ti(an)orum (Teramo) nel piceno.

La viabilità antica è quella che, meglio di ogni altro aspetto, comprova la comunanza di vicende e di vita di queste due regioni sorelle, anche dal punto di vista della prima evangelizzazione. Alla Claudia Valeria (sulle cui orme oggi si innesta in buona parte la ferrovia Pescara-Roma), che da Roma, attraverso Carsoli, Cerfennia (Collarmele), Statulae (Goriano Sicoli), Corfinium, Interpromium (Torre dei Passeri) e Chieti, raggiungeva Aternum (Pescara), si aggiunge la via Caecilia, che da Amiternum per Beregra arrivava a Teramo e Castrum novum (Giulianova); poi la Traiana, che da Pescara, attraverso Ortona, Lanciano, Usconium (Guglionesi), Larino, Gerunio (Gerione) e Cales (Casacalenda), arrivava fino a Boiano per unirsi alla strada che da Alfedena conduceva a Brindisi; quindi la Minucia (la «via degli italici»), che da Corfinium, lambendo Prezza, toccava Sulmona, Campo di Giove, Alfedena, Isernia e, diramandosi per Venafro e il fiume Volturno, si dirigeva poi a Boiano-Sepino (Campobasso) per incontrarsi con la Traiano- Frentana, cosiddetta da quando (101 d.C.) Traiano la restaurò, congiuntamente alla costruzione della via Sannita, che da Larino portava nel Sannio. Continuata a nord con la Claudia nova (aperta dall’imperatore Claudio a metà del I sec. d.C. presso le gole di Popoli, per migliorare la Valeria) che passando per Amiternum raggiungeva Interocrium (Antrodoco), la Minucia si arricchisce di un’importante arteria che così mette in comunicazione le genti dell’Etruria, del Sannio e della Campania (questa «via degli Abruzzi», fu dal Medioevo fino all’unità d’Italia la strada maestra di comunicazione e di rapporti politici ed economici delle genti abruzzesi e molisane); vi era infine la via Latina nova (che da Roma scendeva fino a Cassino e Teano per innestarsi presso Capua alla «regina delle vie») e con quella sua diramazione che, partendo dall’ad Flexum (CIL-Corpus Inscriptionum Latinarum X, 477), nei pressi dell’attuale San Pietro Infine raggiungeva Venafro per proseguire nell’antico Sannio. Naturalmente senza tacere la civiltà della transumanza, esistente già molto tempo prima di Roma, su quel «tratturo antico», cantato dal D’Annunzio, e ricordandone almeno le vie principali sulle quali anche il cristianesimo si accompagnerà un giorno ai pastori: L’Aquila-Foggia, Celano-Foggia, Pescasseroli-Foggia. Sebbene recentemente padre Giacinto Marinangeli abbia riproposto – sulla scia del Baronio, dell’Antinori e del Marangoni e sulla base di non trascurabili elementi che emergono da una più attenta considerazione degli Acta Nerei et Achillei, come dalla storiografia, dall’archeologia e dalla stessa viabilità – la datazione del I sec. d.C., come quella più confacente al presbitero e martire Vittorino, il primo evangelizzatore della regione, la presenza cristiana in Abruzzo è sicuramente documentata tra la fine del III e gli inizi del IV sec.


Santuario di San Vittorino ad Aiterno

La catacomba di San Vittorino ad Amiterno, con le due iscrizioni (una andata perduta; CIL IX, 4319, 4320) relative alla sepoltura e al culto del presbitero-martire omonimo, ucciso presso le Aquae Cotiliae e ricordato dal Geronimiano al 24 di luglio; la probabile catacomba di Santa Giusta a Bazzano, con l’iscrizione dedicatoria (pure perduta; CIL IX, 3601) al giovanissimo defunto Catervio; il cimitero di Cesidio a Transaquæ (Trasacco); la catacomba di Superaequum (Castelvecchio Subequo); le iscrizioni funerarie di Costantino e di Olimpia ad Antrodoco, nella Sabina (CIL IX, 4660, 4662), per le quali potremmo indicare nella Salaria la più antica via di penetrazione del cristianesimo nella regione; quella del diciottenne Lalio Erculenzio, a San Clemente a Casauria (CIL IX, 3073), e quella del ventitreenne neofita Quintus Peticius Habentius, nel museo di Sulmona, cui vorremmo aggiungere anche i tre discussi cimiteri di Forcona (Civita di Bagno), di Priferno (Assergi) e di San Clemente in Fratta (Assergi), attestano inequivocabilmente l’esistenza di comunità cristiane nel III-IV sec. (al V sec. appartiene l’iscrizione di Ilario, proveniente da Barisciano e leggibile nel museo dell’Aquila). Tutto questo, naturalmente, assieme a spettacoli e culti pagani, pure archeologicamente documentati dal tempo di Commodo (180-192) fino a Costantino Magno (†337). Le fonti letterarie del V e VI sec., costituite dagli atti dei sinodi romani del 465, 499, 501 e 502, rispettivamente celebrati sotto i papi Ilaro e Simmaco, nonché dalle lettere dei papi Simplicio, Gelasio I e Gregorio Magno, e dai Dialoghi di quest’ultimo, dimostrano l’esistenza di strutture ecclesiali, con un cristianesimo già penetrato in profondità, se colonie di monaci, legate al noto Equizio amiternino, attivo verso il 510, fioriscono ben presto nella regione e nella provincia Valeria in particolare. Ai tanti monasteri equiziani sia maschili che femminili, tra i quali Sant’Equizio (poi San Benedetto di Pizzoli), San Mauro di Amiterno, Santa Maria ad Silicem di Assergi, San Nicola di San Vittorino, San Maria in Lauriano, nonché quello che il futuro papa san Bonifacio IV (608-615), abruzzese di nascita, realizzò nella sua casa romana, si aggiunsero nel paese dei sabini le sedi vescovili di Amiterno e di Pitinum (Pettino); in quello dei vestini le sedi di Aveia e di Ofena; in quello dei peligni le sedi di Valva, Sulmona e Alfedena; in quello dei marrucini Ortona; nei frentani la sede di Vasto; nei piceni Aprutium (Teramo), mentre una sede è documentata anche nei marsi.


Pizzoli (AQ) Abbazia di Sant’Equizio – Parrocchia di San Lorenzo a Marruci

L’invasione longobarda degli anni 571-574 comporta l’uccisione del vescovo San Ceteo e la fine di Amiterno; la definitiva scomparsa di Pettino e di Ofena; quella di Aveia, che successivamente riappariva nella sede di Forcona (Civita di Bagno), mentre nei marsi rimase una sede ma in località diversa; delle tre sedi dei peligni scompaiono Sulmona e Alfedena e si perdono anche maggiori informazioni sul cristianesimo primitivo in Abruzzo. A quest’epoca, seppure parimenti segnato dalle incursioni barbariche, il cristianesimo è bene attestato anche nel Molise. La presenza, infatti, dei martiri Primiano, Firmiano e Casto, uccisi a Larino nei pressi del tempio di Marte situato inter murum et muricinum, nonché quella di Nicandro, Marciano e Daria apud Venafrum, tutte vittime della persecuzione dioclezianea degli albori del IV sec., cui aggiungeremo le attestazioni archeologiche della basilichetta paleocristiana del IV-V sec. in località San Primiano a Larino, nonché l’iscrizione funeraria del piccolo C(aio) Probiliano a Boiano (CIL, 2584) e il quantitativo di lucernette recanti il cristogramma, rinvenute a Venafro nel rione Portanuova intorno alla metà del XX sec., ne sono indubitabile testimonianza.


San Clemente in Fratta

Nel V sec., rispettivamente per il paese dei frentani e quello dei pentri, sono documentate le sedi vescovili di Larino, Isernia (?), Venafro e nel VI quelle di Boiano e di Saepinum, quest’ultima poi assorbita da Boiano, in quanto definitivamente scomparsa con le invasioni barbariche, che segnarono una forte battuta d’arresto, in più casi anche di secoli, nell’attività ecclesiale di diversi centri, con penuria di vescovi e di clero e talvolta con accorpamenti diocesani de facto o trasferimenti di sedi vescovili e pievi cittadine in altri luoghi. Toccherà ai benedettini operare qua e là a pro della vita religiosa e civile delle desolate popolazioni, spesso in sostituzione dei vescovadi scomparsi. Quanto san Gregorio Magno scrive a proposito dell’invasione longobarda vale più di ogni altra documentata analisi: «Infatti, le città sono deserte, le fortezze devastate, le chiese incendiate e i monasteri, sia maschili sia femminili, distrutti. Le proprietà terriere sono nella desolazione del più completo abbandono, e la terra, senza più un uomo che la coltivi, è arida e infeconda come un deserto.

Non c’è più un padrone che vi abiti. Le bestie hanno fatto il loro covo là dove prima viveva una densissima popolazione. Non so che cosa avvenga altrove » (Dial. III, 38). Un anonimo episcopus civitatis Aufidianae (Aufidena; Alfedena/Castel Di Sangro) è menzionato alla fine del V sec. in una lettera di papa Gelasio I: al territorio di questa diocesi il Lanzoni farebbe corrispondere quello dell’attuale diocesi di Trivento.

 

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 955 articoli
Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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