Il borgo di Fallo (CH)

La storia

A circa 80 km da Chieti, e 575 metri sul livello del mare sorge la cittadina di Fallo, su una ridente collina che si eleva dal sottostante fiume Sangro, il quale scorre, rumoreggiante, fra massi e ciottoli, in mezzo ai centri più noti di Quadri e Villa S. Maria da cui dista quattro chilometri.
L’antico paese sorgeva poco più vicino al fiume, sulla collina che si protende immediatamente sopra il Sangro e che oggi si chiama Contrada S. Nicola. Si narra che gli abitanti di Fallo dovettero abbandonare il paese spostandosi al sito attuale, in seguito ad una vera invasione di termiti. Secondo alcuni scrittori, queste termiti erano i saraceni che si spandevano a guisa di formiche, nulla lasciando ai miseri abitatori delle contrade da essi attaccate.

Chiesa di San Giovanni Battista

Il nome del paese Fallo deriva dall’antico FALDUS, quasi a significare il sito: alle falde delle montagne, e con tale appellativo si trova in parecchi antichi documenti della diocesi di Chieti. Il comune di Fallo confina con quelli circostanti di Civitaluparella, Villa S. Maria, Pietraferrazzana; trattasi di un comune piccolo per estensione, più piccolo per numero di abitanti e con nessuna frazione.

Le origini del paese sono del tutto ignote, tuttavia nell’anno 1000 Fallo già  esisteva, e nei documenti dell’Archivio Vescovile di Chieti nel 1200 Faldus era già  oggetto delle periodiche visite pastorali, da parte del vescovo di Chieti. Purtroppo le notizie storiche mancano riguardo a Fallo, lasciando dei lunghi periodi oscuri al ricercatore di ciò che riguarda la storia dei nostri paesi. Per avere notizie più attendibili occorre risalire al periodo della dominazione angioina (1266-1442) ed aragonese (1282-1503). In particolare, la lotta tra le due dinastie per la conquista del Regno di Napoli, coinvolse anche tutte le popolazioni ed i feudi che di tale regno facevano parte, compreso, quindi, l’Abruzzo.

Nell’anno 1304 la famiglia Caldora riceveva dal re Carlo II detto lo zoppo (che regnà dal 1285 al 1309), i feudi di Pietraferrazzana, Villa S. Maria, Fallo e Civitaluparella, dominandovi per quasi due secoli estendendo, in questo periodo, il proprio dominio su molti altri castelli. E’ il Celidonio che ci racconta come si viveva in quei castelli.
Durante il periodo delle lotte per la successione tra Angioini di Napoli e Angioini d’Ungheria, detti Durazzeschi (1381-1414), il re Ladislao nel 1390 concedeva a Lanciano varie esenzioni fiscali perchè potesse riacquistare il feudo di Rizzacorno. Il 17 maggio 1391 le diede Civita Borrella e nel 1392 Civita Luparella con tutta la baronia comprendente i castelli di Liquadri, Pizzoferrato, Fallo, Pesco Pinnataro, Sant’Angelo, Rosello, Castel Pito, tolti al ribelle Caldora.

Antonio Caldora, dopo la caduta degli Angioini, cadde definitivamente, ed egli che si era visto a capo di un esercito formidabile per tutta l’Italia, fuggirà per rintanarsi nel suo castello di Civitaluparella. Poi, per evitare di esservi rinchiuso ed assediato, preferì uscire fuggiasco dal Regno, ricoverarsi negli Stati Pontifici e si ridusse a vivere mendìco nella città  di Jesi, dove morì prematuramente, forse di dolore e vergogna. Si legge che in questa circostanza gli abitanti dei castelli a lui soggetti si recarono a spogliare le sue abitazioni, e che ne distrussero le case, dopo averle saccheggiate. In questo modo finì anche il castello di Civitaluparella, che fu distrutto pure dalle popolazioni dei dintorni (anche quelli di Fallo, perciò) “affinchè gli odiati feudatari” non ci tornassero più.

E’ l’Antinori che ci descrive tutta la vicenda. I feudi dei Caldora furono devoluti al re che, il 17 maggio 1467, asserendo per ribellione di Antonio Caldora essergli legittimamente devolute le terre di Palena e Lama, le cedette a Matteo di Capua per i moltissimi servizi resigli. Per la stessa ragione restavano devoluti al re i castelli di Anversa, Campo di Giove e Cansano che nel 1479 il re stesso vendeva alla famiglia Procida. Il regno aragonese, di Ferrante I e dei suoi discendenti, durò dal 1458 al 1494. Con la caduta della dinastia degli Aragonesi, le notizie riguardanti Fallo ed i paesi circostanti, si fanno rare e frammentarie. Unico riferimento attendibile è il Giustiniani che cita Fallo nel suo “Dizionario Geografico-ragionato del Regno di Napoli”.

Gli abitanti di Fallo nei secoli passati erano tutti addetti all’agricoltura, ed ai tempi delle “enumerazioni dei fuochi” furono così tassati: nel 1532, per 32 fuochi, lo stesso numero fu considerato nel 1545, mentre nel 1561 furono fatti ascendere a 49 fuochi. Nel 1591 i fuochi scendevano a 40, nel 1648 risalivano a 49 e nel 1669 si fermavano a 45. All’inizio dell’800 si consideravano 500 abitanti (100 fuochi).
Nel 1583 Fallo e Civitaluparella passavano in potere di Giulio Cesare Rossillo che nel 1590 li vendeva a Giuseppe Melucci di Rocca Cinquemiglia, per la somma di diciottomila ducati.
Fino al 1800, a Fallo, come ovunque, dominava il più esoso feudalesimo ed il povero popolo era soggetto a tutte le angherie e i soprusi commessi dai padroni. E’ superfluo aggiungere che era del tutto inutile tentare di resistere o, peggio ancora, ricorrere contro tali prepotenze.

Comune di Civitaluparella

Fino al congresso di Vienna (1815), l’Abruzzo faceva parte del regno di Napoli. Dopo i cento giorni di Napoleone, che si concludeva con la sconfitta di Waterloo ed il suo esilio a Sant’Elena, l’Abruzzo passò al Regno delle Due Sicilie.
Una legge di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, del 19 gennaio 1807, menziona Fallo come comune compreso nel circondario di Villa Santa Maria. Con la liberazione del mezzogiorno da parte di Garibaldi ed i Mille (1860), l’annessione del Regno delle due Sicilie e la proclamazione del Regno d’Italia (1861), Fallo fu posto nel circondario di Lanciano e nella provincia dell’Abruzzo Citeriore. Lo si rileva dal “Dizionario Topografico dei Comuni” compilato da Zuccagni-Orlandini e stampato a Firenze nel 1861.

In tale condizione restò fino agli anni 1927-1928, quando il comune di Fallo fu soppresso ed aggregato al paese di Civitaluparella. Al momento della soppressione il Comune di Fallo aveva un attivo di lire diciottomila, somma che fu depositata presso l’ufficio postale di Fallo. Fallo ha riottenuto la propria autonomia solo nell’anno 1962, tornando ad essere un comune indipendente.

 

#Fallo e i Fallesi …

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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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