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Il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo dalla preistoria al Medioevo: Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena e Barrea

 

La grotta Achille Graziani , già nota come grotta dei Banditi, si trova sul versante settentrionale di Colle Santa Maria, nel territorio comunale di Villetta Barrea, fra l’area di Piana della Corte e la confluenza del torrente Scerto con il fiume Sangro. Questa grotta, originatasi da un allargamento di una fessura nella roccia calcarea,fu esplorata per la prima volta nel 1870 da Achille Graziani (1839-1918), membro della borghesia villettese e pioniere della archeologia in Abruzzo nella seconda metà delXIX secolo. L’intuizione di Achille Graziani fu premiata dal ritrovamento, all’interno della grotta, di antiche tracce difocolari e di vari oggetti in pietra lavorata prodotti da cacciatori vissuti in quest’area durante il Paleolitico superiore.

La grotta in questione fu oggetto di una seconda campagna di scavi nell’agosto del 1955 ad opera di Antonio Mario Radmilli (1922-1998), studioso di preistoria italianache condusse numerose esplorazioni in Abruzzo. Radmilli ispezionò con criteriscientifici la grotta dei Banditi, da lui rinominata grotta Achille Graziani
in onore delsuo perspicace predecessore villettese. Vennero così studiati gli strati di terreno nonintaccati dagli scavi condotti da Graziani ottantacinque anni prima. All’interno di questi ultimi, tra il terriccio ed il pietrisco accumulatosi per migliaia di anni, furonorinvenuti i resti di alcuni focolari, numerosi esempi di industria litica e diversi restiossei di animali preistorici. Per quanto concerne l’industria litica, quest’ultima era costituita da punte di armiper la caccia e da numerosi utensili come lame di selce, perforatori e raschiatoi utili ascanalare, sagomare e forare svariati materiali quali ossa, corna, legno e pelli.

 

Secondo Radmilli, gli uomini paleolitici, probabilmente, si procurarono la selce per produrre questi utensili nel greto del fiume sottostante oppure nella vicina località la Difesa. Inoltre, lo studioso istriano notò, negli strati di terreno asportati dalla grotta, l’assenza di schegge, ovvero di scarti di produzione. Ciò significava l’utilizzo saltuario del riparo da parte dei gruppi di cacciatori e raccoglitori. Testimonianze altrettanto preziose per le informazioni che possono fornire suepoche così remote si dimostrano essere anche le 760 schegge ossee di specie animalipredate da questi cacciatori nomadi. Difatti, tra i resti della macellazione e dei pasti conservatisi all’interno della grotta si possono annoverare frammenti ossei specialmente di marmotta Marmota marmota L., lepre comune (Lepus auropaeusPALLAS), cervo nobile (Cervus elaphus L.), stambecco (Capra ibex L.), camoscio (Rupicapra rupicapra L.), cavallo selvatico (Equus caballus L.) e uro (Bos taurus primigenius BOJANUS). Oltre ai resti degli animali appena elencati, Radmilli rinvenneanche schegge ossee di capriolo, lupo, volpe, martora, ghiro, topo campagnolo, arvicola e alcune varietà di pesci e di uccelli. Inoltre, dai numerosi resti di marmottasi può dedurre non solo che questo animale fosse particolarmente presente nella dieta dei cacciatori paleolitici della zona ma anche come 18.000 anni fa la superficie dell’ambiente alto sangrino fosse poco forestata.

Difatti, durante l’ultima era glaciale, in gran parte dell’Europa, si estendevano vaste brughiere punteggiate da radiboschi di betulla e di abete bianco. Invece, per quanto concerne la tipologia dei manufatti ritrovati all’interno della grotta Achille Graziani, questi ultimi sono simili a quelli riportati alla luce nelle grottedelle montagne circostanti la conca del Fucino. Ciò ha permesso a Radmilli di assegnare l’industria litica proveniente da Villetta Barrea alla facies bertoniana (prende il nome dalla località di Montebello di Bertona, in provincia di Pescara, dovefurono scoperti i resti di uno stanziamento preistorico), appartenente alla faciesabruzzese del Paleolitico superiore italiano. Effettivamente, sembra plausibile che ilriparo della grotta Achille Graziani venisse utilizzato da piccoli gruppi umaniprovenienti dalla conca del Fucino, i quali, durante la stagione estiva lasciavano le lorosedi abituali, poste ad altitudini più basse e di conseguenza più confortevoli, e siavventuravano fra gli impervi monti alto sangrini per cacciare marmotte, camosci e stambecchi.

 

Nonostante la pressoché totalità dei reperti rinvenuti all’interno della grotta sia ascrivibile al Paleolitico, Radmilli trovò anche alcuni frammenti ceramici risalenti all’età del Bronzo e all’età romana. Questi frammenti ceramici, conservatisi negli strati più recenti del terriccio accumulatosi all’interno della cavità naturale permigliaia di anni, dimostrano come la frequentazione del sito da parte dell’uomo non si limitò al solo Paleolitico ma continuò anche nelle ere successive. Ciò ha permesso aGiuseppe Grossi di ipotizzare un utilizzo della grotta, dall’età del Bronzo fino alperiodo italico-romano, per svolgervi riti cultuali non meglio identificati, analogamente a quanto riscontrato in altre grotte abruzzesi.

Cenni di morfologia, orografia e idrografia dell’area del Parco

Le prime tracce umane dal Paleolitico all’età del Bronzo
di Davide Boccia
 
“Il presente lavoro intende essere un compendio della storia del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che va dalla preistoria al Medioevo”
 
 
 
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Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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