Un nostro lettore, Matteo, ci ha scritto per avere informazioni sullo stemma, lui ne è un collezionista, della Polizia locale di questo paese. E allora condividiamone le sue peculiarità e la sua storia
Dall’alto della sua maestosa rupe argillosa, dove troneggiano gli scenografici calanchi, si vede lungo la media valle del Tordino spuntare la sagoma del paese di Castellalto. L’attuale toponimo che si contrappone a quello della frazione Castelbasso è in uso dal tardo medioevo in quanto il suo nome antico era Castelvecchio Trasmondo dal nome della famiglia di origine longobarda che verosimilmente aveva fondato o comunque possedeva fin da tempo immemore l’insediamento. Questi tra X e XI secolo destinarono una parte dei loro vasti possedimenti terrieri alla formazione di nuove abbazie che mano a mano divennero potenti e influenti nell’area teramana.
Sotto la rupe del castello dei Trasmondi fu fondata nel 1004 l’abbazia di San Nicolò ad Truntinum, sottoposta a Montecassino. Nel 1077 l’Abruzzo viene preso dai Normanni, questi redigeranno una lista dei feudi e dei feudatari del Regno dove risulta signore del castello Trasmondo di Castelvecchio. Nel seguente periodo svevo si riscontra la presenza di una famiglia marchigiana che iniziava ad insediarsi anche in Abruzzo: gli Acquaviva, che con Rinaldo diviene proprietaria di parte del feudo ricevuta come ricompensa nel 1195 dall’imperatore Svevo Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Sarà una delle prime proprietà della famiglia in area abruzzese e ne determinerà le successive fortune nella regione, abbandonando mano a mano i feudi marchigiani di origine. Riccardo Acquaviva nel 1279 si trova a Penne davanti all’angioino giustiziere d’Abruzzo a passare in rassegna le sue proprietà tra le quali alcune porzioni del feudo di Castellalto, per il quale ancora si riscontra la presenza dei Trasmondi che perdureà fino al XIV secolo, quando i suoi feudi verranno assorbiti nei domini acquavivani, forse grazie anche a politiche matrimoniali. Nel 1320 partecipa sotto la guida di Corrado d’Acquaviva all’assedio dei feudi marchigiani della famiglia, Acquaviva e Mercato, nonostante il Duca di Calabria, erede al trono del Regno di Napoli, avesse proibito ai centri abruzzesi della dinastia di partecipare a queste controversie nello Stato della Chiesa.
Nel 1395 gli Acquaviva vengono insigniti del titolo di Duca e lo stato da loro governato sarà il primo ducato posseduto da un casato non regnante della storia dello stato napoletano, ma per tutto il XV secolo il titolo sarà relativo alla sola Atri, per estendersi a tutto il territorio solo nel XVI secolo.
Il paese sarà nuovamente sconvolto durante la lotta tra Francesco Sforza e Giosia Acquaviva che, a seguito della sconfitta del duca, scacciato nel 1443 da Alfonso V d’Aragona divenuto l’anno prima Re di Napoli, si tradusse nel 1438 nell’occupazione dei territori acquavivani tra il Tronto e il Tordino.
Sotto Don Ferrante I di Aragona a causa delle simpatie francesi degli Acquaviva lo stato d’Atri viene occupato nel 1461 dagli eserciti di Matteo di Capua che si rifiuta poi di cedere indietro i feudi ai vecchi proprietari, nonostante l’ordine del Re. Tra XV e XVI secolo, le solite simpatie filofrancesi e la partecipazione alla congiura dei baroni, costano a Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona la perdita di tutte le sue proprietà che passeranno ai Colonna tra il 1504 ed il 1507, quando Ferdinando il Cattolico pone fine alla guerra Angioino-Aragonese. Con Giovanni Antonio Donato Acquaviva sarà ristabilita la pace tra la famiglia e i regnanti. Durante la successiva dominazione spagnola il territorio visse in relativa calma e tranquillità.
Nel 1749 viene consegnato il catasto onciario all’amministrazione centrale del regno, più tardi rispetto ad altri centri a causa di una controversia con la vicina Castelbasso per i territori della vicina Guzzano, contesa dalle due amministrazioni ed alla fine risoltasi in favore di Castellalto. Con la morte dell’ultimo erede della famiglia Acquaviva nel 1760, lo stato di Atri passerà sotto le dirette dipendenze della corona napoletana.
L’invasione delle idee rivoluzionarie francesi nel 1799 raggiungono anche il Regno di Napoli con la fondazione della breve Repubblica Napoletana che durò meno di un anno ma nel 1805 Napoleone rioccupò il Regno mettendo sul trono prima il fratello poi il cognato Gioacchino Murat. Nel 1807 a seguito delle riforme viene incorporato al governo di Notaresco, situazione perdurata fino al 1811 quando torna autonomo e si vede annettere i territori della vicina Castelbasso e di Montepietro, formando così il moderno territorio comunale. Si avvicenderà la successiva Unità d’Italia ed il municipio si va a collocare all’interno della nuova provincia di Teramo, divisa in due circondari ed in vari mandamenti, il paese sarà sottoposto al mandamento di Notaresco.
Nel 1929 viene riunita la provincia come la si vede oggi, il paese però nel XX secolo iniziò a spopolarsi in favore delle nuove frazioni che si andavano formando nei fondovalli del Tordino e del Vomano dove oggi risiede gran parte della popolazione. Oggi il paese conserva ancora la sede municipale ma l’antico insediamento è passato in secondo piano rispetto ai nuovi centri abitati, la sua posizione scenografica e panoramica a picco sopra le formazioni calanchifere offrono interessanti suggestioni.
Si è accolti nel borgo dalla grande mole del palazzo comunale che, ristrutturato in caratteri neoromanici, conserva la porta di accesso al paese e parte della cinta muraria, all’interno si nota una grande strada che divide l’antico castello, del quale rimangono alcune tracce, da quello costruito in epoca più recente sotto le sue mura.
Attraversando l’altro passaggio coperto a lato della porta si raggiunge l’area più elevata del paese dove oggi svetta la torre dell’acquedotto e qualche abitazione, mentre un tempo qui c’era il sito del primitivo castello; i quartieri della parte bassa dell’incasato risultano invece meglio conservati. Lasciato il vecchio castello si procede nel sottostante borgo dove si trova la parrocchiale dedicata a San Giovanni Evangelista, sorta al centro del paese al culmine di una larga via sempre a lato della porta castellana. Proseguendo lungo il corso principale, Via Roma, non si può non percorrere anche la via che distaccandosi da esso, si addentra nell’incasato, in un susseguirsi di piazzette e anguste stradine: interessante il grande palazzo Marinucci che occupa quasi tutta la zona orientale di Castellalto. Curioso è il fregio alto medievale riposizionato nel XVIII secolo nella via che attraversa il palazzo mediante gradevoli passaggi coperti, le ampie terrazze del belvedere lungo la circonvallazione si aprono su un ampio panorama.
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