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Il borgo vecchio di Lecce nei Marsi

GROTTE E INSEDIAMENTI PREISTORICI
Nel territorio del comune di Lecce sono stati rinvenuti due insediamenti neolitici. Il primo di questi, Rio Tana, è stato scoperto durate una campagna di scavo del 1992 da Ventura, lungo il canale di bonifica Rio Tavana. Sempre in prossimità del Rio Tavana, ai piedi del versante settentrionale di Colle Bucilla, sono state rinvenute due frammenti di ciotole riferibili all’età del Bronzo. Di interesse speleologico le due grotte presenti in zona: la Grotta di Amino e quella dei Mandrilli. Quest’ultima, agibile e lunga 250 metri, presenta concrezioni di grande rilevanza: un corridoio con vasche piene d’acqua, che giungono alla sala della cascata, alta circa 15 metri

CENTRI FORTIFICATI, SANTUARI E NECROPOLI
Nelle località attorno all’abitato di Lecce nei Marsi sono state rinvenuti sette siti nei quali è stato possibile riconoscere tracce di insediamenti di epoca romana. Nelle località Ceccaia, Colle L’Iavute e Cirmo sono stati riconosciuti i resti di tre centri fortificati italici d’altura montana, databili all’età repubblicana. Il più importante è il sito di Cirmo, risalente all’età del Ferro, probabilmente abitato dalla popolazione che edificherà in seguito Vicus Annius. Presenta una pianta ovoidale: all’esterno è ancora ben visibile il fossato difensivo scavato nella roccia, largo mediamente cinque metri, mentre il circuito murario ben conservato sui versanti nord e ovest ha uno spessore di 2,40 metri. Su questo lato si apre una porta di tipo “a corridoio interno obliquo”, non ben individuabile a causa di uno scavo clandestino. All’interno del recinto murario non sono distinguibili strutture abitative, ma resta una fossa ovale, che segnala la presenza di una cisterna italica, nelle cui vicinanze è stato rinvenuto un frammento di tegola a sigillo rettangolare con parte di un’iscrizione. Questo reperto potrebbe confermare l’esistenza di un tempio, probabilmente convertito in epoca medievale della chiesa di S. Biagio, che le Cronache Cassinesi del 1047 danno ubicato sul monte Sabuco. Nel sito sono state rinvenute monete in argento e bronzo, datate tra il IV secolo a.C. e il IV d.C., ex voto e altri reperti in ceramica, che comprendono un arco storico dall’età del Ferro al basso Medioevo.

Sotto il centro abitato, lungo l’antica via di comunicazione tra Vicus Annius e Litium, era ubicata la sorgente del Pozzo dell’Otre, principale fonte di approvvigionano mento idrico della zona: della strada permangono solo i tipici tagli su roccia e terrazzamenti, che rimandano alla tipologia riscontrabile nella “via Romana” ad Aielli Alto. Dell’originaria recinzione muraria a pianta circolare del sito di Ceccaia è possibile osservare solo frammenti della fascia interna ad anello. L’insediamento di Colle L’Iavute, come per l’antica Litium, presenta ha una struttura bicuspidale con pianta ovoidale. Si conservano tracce delle recinzioni in opera poligonale. Presso Fonte Acqua Santa e in località Cretaro sono collocabili due piccoli santuari italico-romani. Nella primo caso, l’area destinata al culto doveva trovarsi al termine del Vallone di Lecce Vecchia, sotto le rovine del paese. Nella zona sono stati rinvenuti ex voto in ceramica raffiguranti parti anatomiche e animali, mascherine quadrangolari tipiche del territorio fucense e un obolo argenteo di Phistelia, databile tra il 380 e il 350 a.C. A Cretaro, in corrispondenza del versante nord-ovest del Monte Turchio, lungo la strada montana che da Castelluccio arriva a La Cicerana, sono stati raccolti ex voto e mascherine di tipologia affine a quelli di Fonte Acqua Santa, oltre a monete in bronzo e argento romanocampane e di Neapolis, datate III secolo a.C. Sul versante nord di Castelluccio sono state rinvenute tre tombe databili al I secolo a.C. La struttura è a camera con pianta rettangolare, all’interno restano tracce di panchine interne e dell’incavo per la deposizione del corredo funerario. Probabilmente in origine l’accesso era formato da porte girevoli in pietra, simili a quelle della vicina necropoli di Taroti. Nelle località Campo e S. Rocco, sono state rinvenute tracce di abitazioni agricolo-pastorali dotate di terrazzi e cortili esterni a pianta quadrata o rettangolare e costruite utilizzando grandi blocchi appoggiati sulla roccia. L’analisi delle murature conferma la datazione all’epoca rinascimentale, come indicato dalle iscrizioni presenti sui resti di due edifici, il primo nell’area di Amplero (1504), l’altro a Campo (1506). Mancano totalmente tracce delle coperture, ancora visibili nella prima metà del Novecento. Grazie alle testimonianze locali, è possibile affermare che fossero costituite da un tetto in legno, composto da piccole tavole.

VICUS ANNIUS
Il villaggio di Vicus, nell’attuale località Castelluccio, si era formato in epoca repubblicana: a seguito dell’accordo di pace tra Roma e i Marsi del 302 a.C., la gens Annia scelse quest’area come sede del proprio villaggio. L’insediamento prende il nome di Vecus Anius, poi Vicus Annio e fu utilizzato fino alla fine del mondo antico. Il sito italico è strutturato in piano, sui lati del Rio Tavana e sul pendio di Castelluccio. Il collegamento con gli insediamenti vicini era garantito da strade montane, lungo le quali sono stati rinvenuti tombe e tracce di piccoli templi. Il santuario principale, ubicato a sud del centro abitato, era collegato alle sorgenti e al corso del Rio Tavana. Dedicato a Valetudo, divinità di matrice e formazione marso-umbra, presenta un impianto a terrazze digradanti impostate sul pendio roccioso del Vallone di Macrano. I reperti abbracciano un arco temporale dal periodo italico-romano al Medioevo, tra i più rilevanti vi è un tesoretto monetale composto da sette chilogrammi di argenti di Neapolis. Con il riconoscimento della cittadinanza conferito ai Marsi a metà del I secolo a.C., il centro viene incorporato nell’ager del Municipium di Marruvium (San Benedetto dei Marsi) e dotato di un impianto ortogonale, con un sistema viario organizzato con strade longitudinali strette e parallele. In epoca medioevale, dall’879 al 1031, il controllo della zona passa al monastero di Montecassino. Distrutto nel 1463 da Ruggiero Acclozamora, figlio di Leonello e Iacovella, il villaggio fu abbandonato e ricostruito più in alto sulla collina di Castelluccio.
I resti del centro fortificato italico sono scarsamente riconoscibili, a causa dei crolli provocati dal terremoto del 1915. Dall’analisi del recinto murario difensivo si riscontrano resti di opera poligonale, che ne confermano l’esistenza. La fortificazione presenta una pianta ovoidale allungata caratterizzata da due alture poste a nord e a sud. Sul sito sono presenti resti di terrazzamenti, colonne in pietra calcarea locale, tracce di tegolame romano e frammenti ceramica italica e medioevale. Sull’altura della torre sono stati rinvenuti una fibbia in bronzo raffigurante una clava erculea e tre bronzetti raffiguranti Ercole combattente e in riposo, datati al IV-III secolo a.C., e un’offerente femminile del IV secolo. Lo scavo ha restituito anche due monete argentee e una in bronzo relative a Neapolis, due in argento di Phistelia e monete campano-romane che riportano la dicitura “Roma” o “Romano”.

# Testi a cura di Rossella Del Monaco

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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