Il castello
E’ maestoso, è imponente, e non passa certo inosservato a quanti percorrono l’autostrada da Roma verso Chieti-Pescara. A differenza di altri castelli completati nel Rinascimento, dove la natura militare, difensiva, è resa più morbida e tonda dai bastioni a pianta circolare, il nostro colpisce per la struttura quasi monolitica che svetta sulla sommità di Celano, un perfetto aggregato di volumi a sezione quadrangolare, di linee rette e di spigoli. Ai quattro lati del blocco centrale, a pianta quadrata, sulla sommità s’incuneano le quattro torri, perfettamente orientate verso i punti cardinali e svettanti dal marcapiano. Restano invece più decentrate, a valle, le torri cilindriche, appartenenti ad una cinta muraria oggi solo parzialmente riconoscibile perché quasi completamente occultata dalle costruzioni più moderne sorte lungo le pendici dell’altura. Da qui il panorama è notevole, da un lato, la montagna dall’alto domina il bacino del Fucino, il grandissimo lago prosciugato e convertito in terreni agricoli. Il nostro bel castello vanta un impianto di chiara origine medioevale, con i tipici merli, malgrado sia stato completato quando l’Umanesimo aveva già avviato il proprio rivoluzionario corso. Oltrepassato l’antico ponte levatoio e risalita la rampa che scavalca la lizza, l’accesso dal portone principale rappresenta però il piacevole incontro con una diversa atmosfera, con una dimensione ben più leggera ed elegante. Improvvisamente la severa e maestosa cortina difensiva in blocchi di pietra cede il passo alla stupefacente scenografia che avvolge il cortile centrale, dove alle arcate a sesto acuto dell’ordine inferiore è sovrapposta un’armoniosa loggia ritmata dagli archi a tutto sesto, sostenuti da agili colonne rinascimentali. Sui capitelli ricorrono le falci di luna crescente, emblema della famiglia Piccolomini, originaria di Siena e resa ancor più potente dall’ascesa al trono pontificio nel 1458 di Enea Silvio, il ben noto Pio II, un papa mecenate e appassionato della cultura umanistica. Nella Marsica, terra aspra ma in posizione strategica, suo nipote Antonio Todeschini Piccolomini s’insediò proprio a Celano, nel castello affacciato sul Fucino ancora lago non prosciugato, all’indomani dell’investitura a Conte nel 1463 da parte di Ferrante d’Aragona, sovrano di Napoli, che gli aveva anche concesso questo altissimo privilegio e la mano della propria figlia naturale Maria.
L’illustre coppia proseguì la costruzione avviata nel 1392 dai precedenti signori, i Berardi conti di Celano, e continuata verso la metà del Quattrocento al tempo di Jacobella e Lionello Acclozamora.
Per apprezzare meglio questo grandioso monumento occorre però ricordare anche una pagina triste, ossia il terribile terremoto che nel 1915 devastò l’Abruzzo, avendo come epicentro proprio l’area celanese. Il Castello, nonostante la sua mole, non sfuggì all’inclemenza del sisma, subendo ingenti danni, in molte parti ridotto a un cumulo di macerie. Questa sua condizione infelice attivò però dopo qualche decennio un processo destinato ad evolversi in una sfida vincente e a cambiare totalmente le sorti del monumento. Occorre difatti ricordare quanti hanno contribuito e rendere merito ai finanziamenti pubblici erogati a seguito dell’esproprio nel 1938: a cavallo dell’ultima guerra si registrano difatti i certosini interventi volti alla sua ricostruzione, rispettosissima dell’originario impianto, riutilizzando e ricomponendo i materiali franati.
Dal terremoto del 2009 ad oggi
Ci pare ancora più bello e nobile questo castello, dopo aver riflettuto sulla gloriosa pagina della sua storia che ha reso possibile la sua conversione in un amatissimo luogo della cultura, grazie alla sapienza d’un illuminato e lungo restauro. Anche il terremoto del 6 aprile 2009 ha causato lesioni, determinando l’inagibilità del Castello e la conseguente temporanea chiusura del museo. Arginati i primi danni grazie al tempestivo intervento della struttura commissariale guidata da Luciano Marchetti, con l’ausilio dei tecnici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stata possibile una parziale riapertura sin dal dicembre di quello stesso anno. Non è stata solo una festa per la comunità di Celano che vedeva riaperto il Castello ma ancor più per il personale aquilano della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo. I miei collaboratori riacquistavano così un filo di speranza al cospetto di alcuni tra i più prestigiosi simulacri dipinti o scolpiti di epoca medioevale provenienti dal Museo Nazionale d’Abruzzo, già ubicato nel forte spagnolo dell’Aquila gravemente danneggiato dal sisma. Nelle suggestive sale dell’ammezzato è stata allestita la mostra Antiche Madonne d’Abruzzo, completata dall’altra mostra contemporaneamente allestita negli spazi espositivi del convento di San Francesco a Tagliacozzo, dedicata ai manufatti di età angioina. Progressivamente anche altri spazi sono stati aperti al pubblico, a cominciare dalla straordinaria sezione archeologica con i capolavori della collezione Torlonia, emersi dalla bonifica del Fucino. Oltre alla passeggiata lungo i bastioni, oggi è accessibile quasi l’intero primo piano nel quale si snodano alcune sezioni che ospitano le più prestigiose opere del Museo d’Arte Sacra della Marsica assieme a sculture, dipinti, affreschi e oggetti preziosi provenienti dal territorio e dal museo aquilano, identitari della civiltà regionale, esibiti a rotazione all’indomani del completamento di accurati interventi di restauro.
E’ un museo che si può visitare più volte, anche a distanza ravvicinata, e trovare sempre piacevoli novità, in un costante dialogo tra interno ed esterno. Uno degli imperativi al quale ho sempre tenuto fede nella sistemazione delle opere d’arte, nel riallestire le sale espositive con l’aiuto del personale della Soprintendenza BSAE, è di non sovraccaricare i magnifici ambienti, anzi di enfatizzare la collocazione temporanea dei capolavori, disposti con leggerezza in un’ideale dialogo tra loro, al fine di suscitare il piacere del visitatore che, aiutato da un agile apparato didattico, è sempre messo a proprio totale agio. E’ possibile inoltre, rimossi i pesanti tendaggi e applicate pellicole protettive ai vetri delle finestre, godere della vista dello straordinario paesaggio circostante.
© Polo Museale dell’Abruzzo – Testi di Lucia Arbace
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