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Il volto umano del Gran Sasso e della Maiella di Camillo Berardi

Maja, la più bella delle Pleiadi, ninfe celesti e dei monti, fuggì dalla Frigia per salvare il suo unico figlio, uno stupendo gigante gravemente ferito in battaglia ed inseguito dal nemico. Attraversando il mare, dopo un tragico naufragio, riuscì ad approdare nei pressi del porto dell’antica città di Ortona, dove, temendo di essere raggiunta dagli inseguitori, prese in braccio il gigante ferito e continuò la sua fuga scalando il Gran Sasso.

In una caverna, nella quale trovò rifugio, cercò di mantenere in vita suo figlio che tuttavia dopo qualche tempo morì, lasciando la ninfa avvolta da un’infinita angoscia. Dopo aver pianto disperatamente per giorni la morte del figlio, lo seppellì su una vetta del monte, dove ancora oggi, chiunque lo osservi da oriente, può riconoscere nel profilo della catena montuosa il ‘Gigante che dorme’. Sconvolta e disperata, nei giorni seguenti Maja cominciò a vagare tra i monti fino a morire a causa della grande angoscia. I parenti della ninfa, dopo averla adornata con preziose vesti, vasi d’oro e d’argento e ghirlande di fiori ed erbe aromatiche, la seppellirono sulla maestosa montagna di fronte al Gran Sasso, che da quel giorno in sua memoria fu chiamata Majella.

Ancora oggi i pastori sentono i suoi pianti nelle giornate di vento, durante le quali i boschi e i valloni presenti riproducono il lamento di una madre in lacrime. Una bellissima e curiosa leggenda dal sapore indubbiamente triste, che testimonia il meraviglioso legame tra gli abruzzesi e i propri monti attribuendo simbolicamente alla Majella l’accezione di Madre, simbolo della fertilità. Una storia ricca di amore e spiritualità ambientata in un luogo magico, l’Abruzzo, la meravigliosa e sorprendente regione più verde d’Europa.

Versi di Mario LOLLI

Musica di Camillo BERARDI

Coro “Tempo di Musica” diretto dal M° Dante SIMONELLI

Estensore dell’articolo: Fausto D’Addario

 

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