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Francesco Paolo Michetti

Nasce il 4 agosto del 1851 a Tocco da Casauria da Crispino, musicista e da Aurelia Terzini. Muore a Francavilla al Mare il 5 marzo del 1929.

Biografia

Francesco Paolo Michetti nacque nella cittadina abruzzese di Tocco da Casauria, il padre Crispino era maestro di banda musicale e la madre, Aurelia Terzini, era organista. Sin da ragazzo manifestò una forte predisposizione per le arti figurative tanto che, preso da un trasporto irresistibile, chiese al Consiglio provinciale di Chieti un sussidio mensile per intraprendere gli studi artistici. Sussidio di 30 lire che gli fu assegnato nel 1867 e che gli consentì di trasferirsi a Napoli. Qui divenne amico del pittore Edoardo Dalbono il quale, conquistato dalla freschezza e dal tratto rapido dei suoi disegni, lo raccomandò allo zio Cesare Dalbono, che ne favorì l’agognato ingresso all’Accademia di Belle Arti da lui diretta. Prima allievo di Domenico Morelli, poi suo amico, ne imitò inizialmente il naturalismo e il realismo visionario. Ma grazie all’originalità ed all’eclettismo della sua opera, fu ben presto notato ed apprezzato negli ambienti artistici: tra i suoi estimatori ricordiamo Filippo Palizzi, che in quegli anni viveva pure a Napoli, Mancini e Gemito, ma anche il mercante francese Reutlinger che lo invitò a Parigi in occasione del Salon del 1872, dove Michetti fu presente con La raccolta delle zucche ed Il Sonno dell’Innocenza. Grazie all’intervento di De Nittis, partecipò nuovamente al Salon di Parigi nel 1875 presentando Ritorno all’erbaggio, oggi in Collezione privata, Sonno dell’innocenza e La raccolta delle olive, dipinti purtroppo non rintracciabili. Nel 1883 prese la decisione di tornare a Francavilla al Mare dove aveva acquistato un vecchio convento e dove portò a compimento Il Voto. Nel suo ritiro amava circondarsi di amici ed intellettuali abruzzesi, coetanei e meno giovani, che ospitava spesso e per lunghi periodi nel Conventino, dove essi traevano ispirazione per le loro opere: De Nino, d’Annunzio, Tosti, Barbella, erano i più assidui frequentatori delle estati francavillesi. Dopo un trentennio di continui successi, sebbene gratificato da numerosi riconoscimenti e titoli onorifici, nominato Senatore del Regno nel 1909, Accademico d’Onore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, membro della Commissione ordinatrice della Galleria Nazionale di Arte Moderna a partire dal 1913, dal 1921 nella Commissione Acquisti dello stesso museo, dedicò gli ultimi venti anni della sua vita ad una continua, silenziosa ricerca, in parte testimoniata dalla produzione di numerosi studi e bozzetti, tempere e pastelli, sempre preceduti da una serie di fotografie, documentazione e prova della continua ed appassionata sperimentazione del mezzo fotografico. Morì per i postumi di una polmonite, nel suo ritiro francavillese, il 5 Marzo del 1929.

Il personaggio
Michetti fu un personaggio eclettico e, secondo i critici contemporanei, incline all’eccesso, ma fu anche un grande innovatore, sia nell’uso dei colori, sia nella concezione della superficie pittorica indefinita e quindi invasiva anche della cornice dei quadri, a volte anche dei cristalli protettivi. Carismatico, estroverso e socievole, raccolse attorno a se, come già ricordato, una sorta di cenacolo, un gruppo di giovani artisti: lomichetti-tosti scultore Costantino Barbella, il compositore Francesco Paolo Tosti, il giovane d’Annunzio, l’amico e guida attraverso i riti della tradizione religiosa abruzzese, Antonio De Nino, ed altri ancora: un laboratorio sperimentale dove si provò ad eliminare i confini tra le diverse arti facilitando in tal modo le reciproche influenze tra pittura, scultura, musica , poesia, arti decorative. La pittura di Michetti dominò la scena artistica italiana dell’ultimo ventennio del XIX secolo tanto che i suoi quadri furono venduti all’estero a cifre vertiginose. Famosi mercanti d’arte, tra cui Goupil e Reutlinger, acquistavano le sue opere, che erano così richieste da sviluppare in Germania persino un mercato di falsi. Oltre ad essere quindi pittore molto richiesto ed artista di successo, Francesco Paolo Michetti fu anche instancabile ricercatore di materiali e tecniche, … fotografo di grandissimo valore, architetto, scenografo, filosofo amante della natura, guardò al cinema come nuova e fondamentale forma di arte e fu tra i primi a girare una pellicola. Un importante stimolo per questo sperimentalismo fu senza dubbio l’incontro con uno straordinario personaggio che, a partire dal 1877, lo portò a provare, tra l’altro, l’uso del pastello: Mariano Fortuny y Mandrazo, pittore, fotografo, scenografo. Un grande innovatore, che utilizzò in via sperimentale diapositive colorate per paesaggi e ritratti fotografici, che rivoluzionò la scenografia teatrale introducendo nuovi sistemi di illuminazione e nuovi metodi di allestimento. Nel 1877 Michetti presentò, all’Esposizione di Napoli, La processione del Corpus Domini, l’opera che gli dette la celebrità, nonostante i giudizi contrastanti della critica. Insieme a lui fu premiato Giuseppe Palizzi per Bosco di Fountain Bleu. Il dipinto, complesso e molto più ricco di figure rispetto ai precedenti, abbandonava gli schemi della tematica rurale e pastorale per accedere a quella poetica pittorica di usi e tradizioni regionali che caratterizzeranno poi i quadri più famosi. La documentazione fedele della facciata del Duomo di Chieti, utilizzata come quinta architettonica, la cerimonia dell’uscita della processione per la festa del Corpus Domini, la riproduzione dei costumi, pur essendo cose reali e tangibili sono immagini della fantasia, interpretazione onirica di una vera cerimonia religiosa. L’atmosfera gioiosa e tutta profana, trasmessa dall’allegria dei bambini e della madre, in primo piano, dal realismo dei fiori gettati nell’aria e che abbondanti ricadono a terra, è sottolineata dalo scoppio dei mortaretti, rivelati dalle macchie fumose nel cielo, che rendono più verosimile questa “festa popolare”. Quale professore onorario dell’Accademia di Napoli iniziò anche ad esporre in altre città d’Italia e all’estero. Il successo del ’77 si ripetè a Torino nel 1880 e a Milano nel 1881, consegnandolo definitivamente al favore del pubblico, agli elogi della critica ed anche all’esaltazione di un poeta come d’Annunzio, conosciuto nel 1880 e cooptato nel cenacolo francavillese.
Michetti seppe cogliere quel senso del divino proprio della gente semplice e che, in alcuni suoi quadri, si concretizzò in gesti spontanei e disperati, frutto di un’attenta analisi dal vero. Con Antonio De Nino si recò personalmente nei santuari che segnavano i percorsi devozionali abruzzesi, come Miglianico e Casalbordino, Cocullo, e partecipò alle lunghe processioni di Orsogna, di Chieti, di Rapino. Furono proprio queste visite nei luoghi di culto ad ispirargli anche gli altri dei quadri più noti: Il Voto, La Processione del Venerdì Santo, Le Serpi, Gli Storpi. Un’opera che suscitò molto scalpore, protagonista assoluta dell’Esposizione Internazionale d’Arte allestita a Roma nel 1883, fu Il Voto. La tela di grandi dimensioni, concepita come una sequenza fotografica, raffigura la festa in onore di San Pantaleone, protettore di Miglianico, un piccolo paese d’Abruzzo. Il crudo verismo e la complessità della dipinto ci rivelano un diverso sentire di Michetti, lontano dai soggetti a tema agreste e popolare pur apprezzati dalla critica e dal pubblico: una moltitudine di fedeli assiste all’adorazione del Santo Patrono da parte dei pellegrini che, prostrati sul pavimento della navata, strisciano verso la sacra effigie. I personaggi si muovono in un’atmosfera drammatica, rischiarata dalla luce dei ceri e resa quasi insopportabile dall’aria densa e stagnante: pietà e dolore sono i sentimenti suscitati da questa visione, l’osservatore è immedesimato a tal punto da essere angosciato per la propria impotenza, per non potere intervenire in alcun modo. L’attenzione dell’autore verso tutto quello che caratterizzava l’afflato sovrumano verso il sacro, è ancora una volta testimoniato dai numerosi studi sulla postura di questi pellegrini, in particolare sul movimento dell’articolazione dei piedi contratti che generano la spinta in avanti sul pavimento. La dimestichezza con il mezzo fotografico sicuramente gli fu utile per comporre al meglio la scena pittorica, consentendogli inoltre di conoscere più da vicino le brutture della vita e le disgrazie fisiche e mentali dell’uomo. Il quadro raffigurante Gli Storpi abbraccia coralmente proprio queste diversità e, sebbene osteggiato dai critici, servì popolana-abruzzeseforse a ricordare una realtà dimenticata, propria della società abruzzese: quella moltitudine di malati e questuanti che gravitavano intorno ai Santuari. Presentato all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 insieme a Le Serpi, i due dipinti furono realizzati in tempi brevissimi, anche se frutto di una lunga elaborazione documentata da studi, bozzetti, repertori fotografici, ma soprattutto preceduti da alcuni scritti di Antonio De Nino.
È sempre l’antropologo peligno a raccontare di una loro gita a Cocullo, per la Festa delle Serpi, in compagnia anche di Costantino Barbella e Gabriele d’Annunzio. Da questa gita Michetti portò a casa un vasto repertorio di immagini fotografiche che utilizzò proprio per realizzare questa grande tela. Il taglio orizzontale del dipinto agevola ed accentua l’andamento del corteo processionale e conferisce alla scena una cadenza temporale simile a quella di una sequenza cinematografica, con le figure raggruppate in singoli quadri in modo da leggersi anche in maniera autonoma, come avviene ne I Morticelli dove la scena potrebbe essere accorciata o continuata. Ugualmente caratterizzato da uno sviluppo narrativo scandito da tempi cinematografici, è il dipinto raffigurante I Morticelli, in Collezione privata sino al 1997, anno dell’acquisizione da parte del Ministero dei Beni e le Attività Culturali, ed attualmente esposto al Museo Nazionale d’Abruzzo. Presentato all’Esposizione Nazionale di Torino del 1880 con altri due dipinti, Impressioni sull’Adriatico e La pesca delle telline, il quadro ottenne il favore della critica più avanzata per la novità del tema trattato e la freschezza delle immagini. Il soggetto è un funerale di due neonati gemelli ambientato in riva al mare e tradotto in immagini pittoriche la cui bellezza, esaltata dalla nota dominante del cielo azzurro, suscita un’emozione profonda. Michetti, attento comunicatore e grande pittore, trasforma il corteo funebre in corteo processionale, dove i personaggi sembrano non avvertire l’evento doloroso, eccetto la figura del vecchio incurvato, ma lo vivono come passaggio obbligato del ciclo naturale della vita, tanto da essere accompagnato dalla musica della banda. Il dramma del momento è calato in uno scenario naturale, fiorito, solare e, a dispetto di tutto, sereno, tale da racchiudere il dipinto in un mirabile equilibrio (E. Andreoli). La giovane donna, divenuta poi sua moglie, è ritratta in una fresca istantanea che la coglie mentre gira la testa di lato e mostra il volto con la bocca dischiusa. Il delicato profilo è illuminato dai grossi orecchini d’oro, le scecquajje, vistosi pendenti della tradizione orafa abruzzese: ornamenti preziosi riproposti in diversi dipinti ed in ritratti fotografici, indossati da contadine e pastorelle ma anche da gentildonne. Rispetto ai canoni accademici, Michetti introdusse delle innovazioni tecniche radicali spesso criticate. Rinnovamento determinato proprio dall’incontro con la Fotografia, la cui importanza era stata annunciata dalla pittura di Monet e Ingres, subito recepita, ed utilizzata nelle numerose campagne preliminari e di approfondimento finalizzate allo studio della sua terra d’Abruzzo. In seguito e progressivamente, l’attività di fotografo sostituì quella di pittore. Al riguardo esiste un Fondo fotografico a suo nome presso l’Archivio dei Fondi Fotografici del Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), costituito da 2900 negativi e diapositivi, duplicati dagli originali nel 1970 per concessione degli eredi Michetti. Documentazione particolarmente importante per lo studio e la comprensione delle sue opere pittoriche.
Questa fotografia è la prima idea per il bozzetto della figura principale del celebrato dipinto de La Figlia di Jorio, opera premiata alla prima Biennale di Venezia e cui si ispirerà l’omonima tragedia dannunziana, dantino-trilussa-michettirappresentata per la prima volta nel 1904. La stesura definitiva del quadro fu preceduta, come già ricordato, da lunghi anni di elaborazione, da studi e bozzetti supportati dalla sperimentazione fotografica. Infatti sia la figura dell’uomo sulla destra, sia quella femminile accanto a lui, sono tagliate come da un’inquadratura fotografica. La donna che avanza con incedere sicuro, quasi spavaldo, è visibilmente l’oggetto dei commenti da parte del gruppo di uomini in secondo piano, emergenti dalla quinta scenica rappresentata dalla Maiella innevata. Come per gli altri quadri, è difficile individuarne il fulcro narrativo: vi è infatti come uno slittamento delle direttrici su cui si muove la storia e che conferisce alla scena un singolare effetto drammaturgico, foriero di inevitabile disgrazia, facendo emergere in primo piano cose che solo apparentemente accadono ai margini. La ricerca di Michetti è stata avvicinata dalla critica moderna a quelle coeve di ambito europeo, letterarie e pittoriche: a Virginia Woolf per esempio, all’ultimo Monet, al simbolismo pittorico internazionale. Per ottimizzare il lavoro in modo da rappresentare la mutevolezza del paesaggio nelle diverse ore del giorno e quindi la luce nei continui mutamenti, escogitò delle tecniche nuove ed originali. Per esempio a partire da 1900 iniziò ad utilizzare glicerina ed acqua per rendere più fluidi i colori, procedimento che gli consentì di stenderli con grande velocità e con pennellate larghe ed essenziali, come nei quindici Paesaggi abruzzesi, tra cui il Bosco di querce, o nelle figure di Bagnanti riprese in diverse ore del giorno, immerse nella natura, tendenti a far sparire la figura stessa che si confonde con il mare, con la battigia, con il frangersi delle onde. Affidate ad una pennellata larga ed essenziale il contrario dei tocchi divisi e frantumati delle prime opere (M. G. Tolomei Speranza). Originale interprete della società e dell’arte del suo tempo, tra i maggiori protagonisti dell’’800, pittore di successo e grande comunicatore, Francesco Paolo Michetti incarnò anzitempo il prototipo dell’artista contemporaneo.

LE OPERE PIU’ IMPORTANTI CONSERVATE IN ABRUZZO

La figlia di Jorio – Pescara, Collezione Amministrazione Provinciale Pescara.

Gli Storpi – Francavilla al Mare, Museo Michetti.

Le Serpi – Francavilla al Mare, Museo Michetti.

Ritratto di Costantino Barbella – Chieti, Museo d’Arte Costantino Barbella.

Ritratto di Daniele Sciucca – Chieti, Museo d’Arte Costantino Barbella.

I Morticelli – L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo.

ATTIVITA’ DEDICATE

Fondazione Michetti, Francavilla al Mare, P.zza San Domenico, 1.

Premio Michetti (I edizione 1950), Francavilla al Mare.

Mostra del 1994-95, Francavilla al Mare.

Mostra del 1999, Roma, Palazzo Venezia – Francavilla al Mare, Museo Michetti e Palazzo S.

Domenico.

ICONOGRAFIA MICHETTIANA

Autoritratto giovanile, 1873. Olio su tavola. Collezione privata.

Autoritratto, 1888. Olio su tela. Collezione privata.

Autoritratto. Pastello e tempera su carta. Napoli, Museo di Capodimonte

Autoritratto. Tempera su tela. Chieti, Museo d’Arte Costantino Barbella

Testa ritratto. Bronzo (h. cm. 40). Autore: Vincenzo Gemito. Collezione privata.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Aa. Vv. , L’ ultimo Michetti, pittura e fotografia, Catalogo della Mostra tenuta a Francavilla al

Mare, Firenze, Alinari, 1995, nel 1994-1995.

Aa. Vv. Capolavori dell’Ottocento Napoletano. Dal romanticismo al verismo, Catalogo della

Mostra, Mazzotta, Monza, 1997, pp. 168-171 e pp. 185-186.

Aa. Vv., Francesco Paolo Michetti. Dipinti, pastelli, disegni. Catalogo della Mostra tenuta a

Roma, Palazzo Venezia, 6 marzo-1 maggio 1999 e a Francavilla al Mare, Museo Michetti, 25

maggio-30 agosto 1999, Napoli, Electa, 1999.

Aa. Vv., Francesco Paolo Michetti, Il Cenacolo delle arti tra Fotografia e Decorazione,

Catalogo della Mostra, Electa Napoli, Napoli 1999, pp. 13-32.

Aa. Vv., Dizionario degli Artisti, Roma, Scala Group, 2003, vv. 18, XVIII, p. 116.

Raffaele Aurini, Michetti Francesco Paolo, in Dizionario bibliografico della gente d’Abruzzo,

voll. 5, III, Teramo, Ars et Labor, 1958.

  1. Carosio, Schede di dipinti, in Francesco Paolo Michetti. Dipinti, pastelli …, pp. 199 ss.
  2. Ciglia, La figlia di Jorio, opera pittorica di F. P. Michetti, Pescara, Editrice italica, 1977.
  3. Di Tizio, Francesco Paolo Michetti nel cinquantenario della morte, 1980, Pescara,

Laboratorio litografico Brandolini

  1. Eugeni, L. Ponziani, M. Sgattoni, a cura di, Dizionario bibliografico della gente d’Abruzzo,

Nuova edizione ampliata, Colledara, Andromeda Editrice, 2002, vol.IV, pp.157-181.

  1. Maroni, Francesco Paolo Michetti , in Aa. Vv., Pittori abruzzesi dell’Ottocento,

Sambuceto (CH), Poligrafica Mancini,1995, pp. 103-137, tavv. 40.

  1. Miraglia, Michetti tra pittura e fotografia, in AA. VV. Francesco Paolo Michetti, Il

Cenacolo…, cit., pp. 13-32.

A.Gasparroni, Michetti sacro e profano, in Sito Web: www.profsnet.it/dabruzzo/rivista.htm

  1. Gatta, Francesco Paolo Michetti, in Sito Web: www.psaelaquila.it

 

Enrichetta Santilli

(Funzionario Soprintendenza BSAE Abruzzo)

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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