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Santa Barbara la signora dei fulmini

Barbara, signora dei fulmini: una giovane, una vergine, una martire dal pudore eroico, venerata e invocata sin dall’antichità, nume tutelare di numerosi patronati, la sua vicenda si perde nelle brume della leggenda fra storie di prodigi, spartizioni di reliquie e intercessioni miracolose. Di Barbara di Nicomedia – attuale Turchia – e della sua vita abbiamo diverse narrazioni: in realtà, nonostante la solida e antica tradizione di culto, i contorni della sua storicità rimangono piuttosto incerti.

Siamo al tempo della prima diffusione del cristianesimo nelle province orientali dell’Impero romano. Prima di Costantino, forse regnava Diocleziano, il feroce persecutore dei cristiani. Fanciulla di rara bellezza, Barbara fu rinchiusa in una torre dal gelosissimo padre pagano Dioscuro per sottrarla ai numerosi pretendenti che garbatamente, ma ostinatamente la chiedevano in sposa. Convertitasi qui al cristianesimo, la giovane dichiarò solennemente al padre di non amare altri che il Signore e nella torre che aveva due finestre, ne fece aprire una terza per ricordare il mistero della SS. Trinità. Un giorno, raggiungendo uno stagno naturale nei pressi della torre, si immerse tre volte in esso battezzandosi da sola e consacrandosi a Dio. Per la sua invincibile fede fu denunciata dallo stesso padre, ma Barbara riuscì a fuggire e qui le versioni divergono: le pareti della prigione si aprirono miracolosamente come un velo o un fulmine cadde proprio sulla torre, aprendo un provvidenziale varco.

Sfortunatamente ritrovata e ricondotta a Dioscuro, fu alla fine condotta al martirio. Nessuna delle torture – descritte con dovizia di particolari – riusciva a piegare la ferra volontà della tenera fanciulla, fino a quando si arrivò la condanna alla decapitazione, della quale s’incaricò lo stesso padre. La vendetta divina però arrivò prontamente: un fulmine a ciel sereno colpì il padre, carbonizzandolo all’istante, perché si era reso esecutore di quel gesto barbaro. Era il 4 dicembre: gli astanti furono così atterriti da quell’episodio che lo tramandarono per le generazioni a venire. La leggenda successiva ha riversato su di lei le migliori risorse della fantasia, ma è chiaro che – come per ogni leggenda – anche quella della vergine di Nicomedia abbia un fondo di verità. La tomba della martire divenne presto meta di pellegrinaggi e fonti di guarigioni miracolose, concorrendo a diffonderne sempre più la devozione. Oggi le sue spoglie sono a Venenzia, ma sul trasporto delle reliquie si naviga sul mare delle ipotesi. L’approdo a Venezia risalirebbe al lontano 1003 e inizialmente le reliquie furono collocate nella cappella ducale a San Marco; ma nel 1009, per accontentare Felicia, badessa del monastero di San Giovanni Evangelista di Torcello e figlia dello stesso doge, le sacre spoglie trovarono ospitalità nel convento dell’isoletta, cerimonia che vide grande concorso di clero e popolo. Solo nel 1810 il corpo di Barbara venne trasportato dove si trova attualmente, cioè nell’isola di Burano, dove riposa in un altare della chiesa di S. Martino. Una curiosità: in base alla legge n. 957 del 20 aprile 1949, il santuario dedicato a Santa Barbara, è di proprietà e amministrazione dell’Apostoliki Diakonia della Chiesa di Grecia e i redditi del santuario vengono sempre allocati in campo sociale e missionario. Altre città rivendicano varie paternità di origine e di conservazione delle reliquie: Roma, Rieti, Piacenza, Cremona, Mantova, Pisa, Napoli… in ogni caso a una giovane dal temperamento così deciso ben si addicono il fulmine e il fuoco, elementi che non conoscono ostacoli. I depositi di munizioni e le polveriere hanno preso – e lo portano ancora – il nome di santabarbara. I suoi vari patrocini riguardano attività che hanno a che fare col fuoco: artificieri, dei minatori, dei carpentieri, marina militare e vigili del fuoco; viene invocata come protettrice contro i fulmini e la morte improvvisa. La bella fanciulla rimane ancora legata alla devozione popolare nonostante la riforma liturgica abbia lasciato la sua tradizionale festa del 4 di dicembre ai soli culti locali.

Anche in Abruzzo il suo culto ha avuto discreta diffusione: dal suo riposo veneziano la signora dei fulmini e dei fuochi fa sentire la sua potente intercessione anche nel nostro territorio. Ancora oggi viene invocata come protettrice dei minatori e di quanti si espongono alle armi da fuoco e della polvere da sparo. Ovunque in Abruzzo – e non solo – il corpo dei vigili onora la propria patrona con cerimonie e momenti conviviali, tra gli applausi e le preghiere della gente per il servizio fondamentale reso da questo corpo nelle piccole e grandi emergenze. In provincia de L’Aquila due località, precisamente Castelvecchio Subequo e Capistrello, sono note per essere paesi di minatori: tanti i racconti sugli interventi miracolosi della santa. Il tributo dei minatori abruzzesi nella storia fu grande: dal prosciugamento del Lago Fucino, passando per il Traforo del Gran Sasso fino ai tunnel dell’Alta Velocità ferroviaria, l’Abruzzo ha prestato i suoi uomini migliori, spesso senza vederli tornare indietro. Come a Marcinelle, dove l’8 agosto 1956 morirono in un’esplosione 136 minatori italiani, di cui la metà venivano proprio dall’Abruzzo. I minatori ed i “fuochini” castelvecchiesi operano nelle attività sotterranee di estrazione e di perforazione, contribuendo a ricostruire e modernizzare la nazione nella ricostruzione post-bellica. Una festa particolarmente sentita dalle famiglie castelvecchiesi è quella di Pasquetta – occasione per il rientro a casa dei lavoratori – legata proprio a Santa Barbara: il legame è datato al 1956, quando venne portata in paese l’immagine della santa commissionata da parte di minatori castelvecchiesi. A Lama dei Peligni la festa di Santa Barbara viene spostata all’interno delle festività natalizie vere e propri, cioè al 26 dicembre, giorno di Santo Stefano. Dopo la funzione religiosa viene eseguito il ballo della Pupa, con l’accensione di fuochi d’artificio montati su un fantoccio di cartapesta, che ospita un ballerino che la fa muovere dall’interno.

A Villetta Barrea, invece, la festa è rimandata al mese di agosto. Ma non possiamo concludere il nostro piccolo viaggio sulle tracce di Barbara senza citare la Preghiera del Vigile del Fuoco che ogni anno, proprio il 4 dicembre, viene recitata nella caserme, tanto più che fu composta dall’abruzzese Auro D’Alba – pseudonimo di Umberto Bottone – giornalista e poeta futurista, nato a Schiavi d’Abruzzo. Eccone il testo:

Iddio, che illumini i cieli e colmi gli abissi, arda nei nostri petti, perpetua, la fiamma del sacrificio. Fa più ardente della fiamma il sangue che ci scorre nelle vene, vermiglio un canto di vittoria. Quando la sirena urla per le vie della città, ascolta il palpito dei nostri cuori votati alla rinuncia. Quando a gara con le aquile verso di Te saliamo, ci sorregga la Tua mano piagata. Quando l’incendio, irresistibile avvampa, bruci il male che s’annida nelle case degli uomini, non la ricchezza che accresce la potenza della Patria. Signore, siamo i portatori della Tua Croce, e il rischio è il nostro pane quotidiano. Un giorno senza rischio è non vissuto, poiché per noi credenti la morte è vita, è luce: nel terrore dei crolli, nel furore delle acque, nell’inferno dei roghi. La nostra vita è il fuoco, la nostra fede è Dio. Per Santa Barbara Martire

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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