La strage di Filetto

filetto

Filetto è un piccolo centro montano (1068 mslm) ai piedi del Gran Sasso, a 18 Km dall’Aquila. Nella zona operava la banda partigiana “Di Vincenzo”. Nel paese durante l’occupazione tedesca c’erano una piccola stazione radio e telefonica, un’infermeria e un magazzino viveri. Queste strutture logistiche erano controllate dal maresciallo maggiore Schafer e vi operavano i sottufficiali Schreiner e Schwetz, il caporale Swatschina, i soldati Wehn e Saurbier e il radiotelegrafista Ruppert della 114^ Jagerdivision inquadrata nel 51 Corpo d’armata alpino operante in Abruzzo.

Il 7 giugno 1944 intorno alle 16.30 una decina di partigiani provenienti da monte Archetto assaliva i soldati che stavano caricando il materiale radio in vista del trasferimento a Paganica data l’imminente ritirata delle truppe dalla zona. Il commando partigiano era guidato dal comandante Aldo Rasero, e comprendeva alcuni nomi noti come Gilberto Fioredonati, Armando Capannolo, Francesco Sgro, Luigi e Tito Marcocci, Mariano Morelli e Pasquale De Simone. Il gruppo era stato chiamato a Filetto dal giovane romano Angelo Cupillari che aveva recato anche un appello sottoscritto da altri abitanti al fine di scongiurare una razzia tedesca. I Tedeschi, allertati dalle grida di alcune donne, davano l’allarme ai commilitoni di stanza a Paganica e si asserragliavano nel palazzo Facchinei in via Romana, nel centro del paese, dove ingaggiavano un conflitto a fuoco con i partigiani, che si concludeva con la morte di un tedesco (Ludwig When) e il ferimento di un altro soldato (Adolf Schreiner, in seguito morto nell’ospedale militare di Barisciano) e di tre partigiani (Francesco Sgro, Luigi Marcocci ed Emilio Giamberardini).

Dopo lo scontro, mentre i partigiani si ritiravano, sopraggiungeva una colonna corazzata di soldati tedeschi e diversi abitanti di Filetto si davano alla macchia. La prima vittima civile fu Ferdinando Meco, ucciso mentre attingeva acqua ad una fonte; stessa sorte per Antonio Palumbo, agiato proprietario terriero che era sfollato in paese ed era in buoni rapporti con il maresciallo maggiore Schafer. Alla vista del cadavere lo Schafer si sarebbe scagliato contro un commilitone accusandolo di omicidio gratuito: per tutta risposta il tedesco gli avrebbe sparato a bruciapelo uccidendolo. Il giovane Mario Marcocci venne incaricato di portare su un camion il cadavere di Schafer e fu successivamente ucciso. Da L’Aquila il maggiore generale Hans Boelsen, comandante dal 1° giugno della 114^ Jagerdivision, ordinò al capitano Matthias Defregger (29 anni), comandante del battaglione trasmissioni di stanza a Paganica, di eseguire la rappresaglia ed inviò sul posto anche altri due ufficiali di sua fiducia, i tenenti Werner Birckenbach e Axel von Heyden. Il Defregger si recò quindi a Filetto dove era stato catturato un gruppo di una trentina di maschi, tra cui alcuni minori, in seguito rilasciati. A notte alta, presso la casa Zinobile in località Cesa a poche centinaia di metri dal paese, i rastrellati vennero posti su tre file ed avvenne l’esecuzione con mitragliatrici di cui fu incaricato il sottotenente della Ia compagnia TLC Paul Erich Ehlert che, forse per scrupoli morali, essendo un teologo luterano, lasciò l’incarico ad un anonimo caporale di squadra.

Una decina di prigionieri delle ultime file riuscì a salvarsi o gettandosi nelle radure retrostanti o buttandosi ai piedi di soldati implorando la grazia e di fatto impedendo loro di sparare, oppure fingendosi morti. Con la prima scarica vi furono dieci caduti; durante la notte si iniziò una caccia all’uomo che portò alla cattura e all’uccisione di altre cinque persone. Le salme delle prime dieci vittime vennero raccolte in casa Zinobile, delle altre cinque nella casa Massari: entrambe le abitazioni furono quindi date alle fiamme. Alla rappresaglia avrebbero partecipato anche italiani (fascisti o militi in uniforme tedesca). Il paese fu quindi dato alle fiamme e depredato. Angelo Cupillari, accusato di essere in qualche modo il responsabile delle strage, rischiò il linciaggio da parte di alcuni abitanti di Filetto.

 

Bibliografia

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David Adacher, Riccardo Lolli, Gilberto Marimpietri
 
 
A riguardo Marco Maccaroni 734 articoli
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