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La chiesa di Santa Vittoria

 

La chiesa di Santa Vittoria, opera primitiva in stile tardo romanico, ristrutturata nel 1676 con un cambiamento della facciata in stile classico e in mattoni, colpita dai bombardamenti nel secondo conflitto mondiale e ricostruita nel primo dopoguerra, ha un impianto a tre navate, coperte con una travatura lignea composta dicapriate dipinte con fregi policromi. Le navate laterali sono chiuse ciascuna da un altare, di cui quello a sinistra reca incisa la data 1595
 
La navata centrale, più lunga delle altre, è chiusa da presbiterio coperto a botte ed abside. La chiesa si presenta con un prospetto scandito da due ordini di lesene suddivise da un’esile cornice e terminante con un grande timpano racchiuso da una grossa cornice al centro del quale,in una nicchia posta sull’asse centrale, c’è una statua in terracotta.
 
Le lesene, assieme alla facciata, poggiano su una zoccolatura in pietra che segue, nelle sue linee, lapresenza delle paraste le quali, a loro volta, poggiano, senza basi lavorate, direttamente sulla zoccolatura. Le paraste sono distanziate in modo differente, permettendo l’ammissione dei portali traslati da Santa Maria in Cellis. Al centro della facciata è presente un finestrone rettangolare, incorniciato in materiale lapideo lavorato e con un
puttino nella parte superiore. Il campanile, realizzato in tempi moderni sulla destradell’edificio, edificato in mattoni, si presenta con una cella campanaria a trifora con colonnine divisorie e archetti a tutto sesto, culminante con tetto a cuspide.
 
 
 
 
 
 
La chiesa, secondo Zazza, edificata da Carlo I d’Angiò (1226 – Foggia, 7 gennaio 1285) o Carlo II d’Angiò (1248 – Napoli, 5 maggio 1309), per commemorare la vittoria su Corradino di Svevia (Wolfstein, 25 marzo 1252 – Napoli, 29 ottobre 1268), è unita alla parrocchia di Sant’Angelo da Marcantonio Colonna, aggregandovi oltre ai possedimenti anche i benefici rurali di giuspatronato.
 
Il centro abitato che circonda la chiesa di Santa Vittoria, sorge vicino ad un’antica via aperta dai Romani in prossimità di due torrenti che unendosi formano il Torano. Nei suoi dintorni si trovano depositi vulcanici consistenti in lapilli che, disfacendosi in squame di mica nera, hanno reso il terreno fertile alla sementa delle granaglie. Come ricorderà Zuccagni Orlandini, nel luogo detto nel suo tempo (1864) Sesara, all’epoca degli Equi esisteva una città denominata Carseoli.
 
Importante ancora prima del 300 a. C., tanto da interessare i Romani, fu conquistata da questi ultimi. Lo storico latino Tito Livio (Patavium, 59 a. C. – ivi, 17 d. C.) l’ha enumerata tra le trenta città che, in occasione delle guerre puniche e della relativa invasione di Annibale, rifiutarono di dare contingenti di truppe a Roma. In un documento del VII secolo Paolo Diacono, nome con cui è noto lo storico e monaco di origine longobarda Paolo Wanefrido (Cividale del Friuli, ca. 720 – Montecassino, ca. 799), ha parlato di Carseoli come una delle principale città della provincia Valeria. Nel Medioevo risultava che attorno ad alcune celle di monaci anacoreti seguaci di San Romualdo (ca. 952 – 1027), fondatore dell’Ordine dei camaldolesi (che si richiamava alla Regola benedettina, pur accentuandone l’austerità e la constestualizzazione nella solitudine ascetica), vicino alla chiesa di Santa Maria, detta, appunto, in Cellis, si era formato un nucleo spontaneo di case che, assieme al vicino castello di Sant’Angelo, furono distrutte più volte dalle invasioni degli Ungari e dei Saraceni.
 
La chiesa dei monaci di San Romualdo (Santa Maria in Cellis) crebbe d’importanza quando Rainaldo II conte dei Marsi vi fondò presso un monastero, donato da lui tra il 999 ed il 1000 ai Benedettini di Monte Cassino, insieme con Castello di Sant’Angelo e sue pertinenze; tale atto rappresentò la fondazione della nuova Carsoli come città medievale. Nel XII secolo San Francesco d’Assisi (Assisi, settembre 1181 o 1182 – ivi, 3 ottobre 1226) che si recava in visita a Subiaco, passò per Carsoli, mentre, alla fine del secolo, vi passarono Corradino di Svevia e Carlo I d’Angiò, identificato nel dipinto nella pseudo edicola della parete esterna anteriore del campanile di Santa Maria in Cellis, il quale nel 1293 fece costruire il castello che mostrava l’importanza militare di Carsoli come impianto di sbarramento della via Valeria per accedere alla piana del Fucino.
 
 
#Dott.ssa Michela Ramadori
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma
Dipartimento SARAS – Storia, Antropologia, Religioni,
Arte, Spettacolo, Cultore della materia.
Gruppi di ricerca del Prof. Stefano Colonna
 
 
 
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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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