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San Tommaso di Caramanico

Tra le curiosità legate a SanTommaso di Caramanico,c’è quella di essere intitolata al santo inglese martirizzato nel 1170 per volontà del re Enrico II. Fiero difensore deidiritti della Chiesa, Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury, e Cancelliere reale, fu immediatamente oggetto di viva devozione intutta l’Europa cristiana, tanto da essere canonizzato da Papa Alessandro III tre anni dopo la sua morte

A quegli anni, infatti,rimonta la fondazione della Chiesa ad opera dei monaci benedettini di Casauria. Posta su un poggio nella valle del tortuoso Orta, presso il terrificante orrido di Salle e in vista del maestoso Morrone, San Tommaso presenta nella parte absidale, la più antica, le nobili forme architettoniche della vicina San Clemente, per perdersi in ingenuità costruttive nel fronte e nell’interno; ingenuità dovute senz’altro all’imperizia di maestranze locali cui fu affidato il completamento dell’opera. La conclusione dei lavori avvenne nel1  202, come si legge nell’architrave del portale di sinistra, ma ci è pervenuta alquanto alterata per i numerosi restauri cui andò incon-tro nel tempo, tra cui radicale fu quello effettuato dopo il terremo-to del 1706 da Giuseppe Bevilacqua, abate celestino di Santo Spirito al Morrone, da cui la badia di Caramanico dipendeva già da prima del 1669.

 

 

A quest’ordine appartenne fino al 1706, anno della soppressione napoleonica; abbandonata, quindi, al suo destino fu restaurata parzialmente soltanto nel 1951 e, definitivamente, nel1971. Rigorosamente benedettina nell’impianto, il monumentosovrappone a elementi schiettamente romanici timidi tentativi di rinnovamento gotico, come negli archi leggermente sestiacuti deri-vati dal San Clemente. La pianta basilicale, divisa in tre navate consette arcate per lato, leggermente più ariose quelle del presbiterio, svolge le consuete armoniche proporzioni spaziali del romanico-abruzzese, secondo cui la lunghezza del vano è quasi doppia della larghezza, mentre il pavimento ascende dolcemente verso il presbiterio notevolmente sopraelevato su una angusta cripta ove zampilla un’acqua ritenuta dagli abitanti miracolosa: lontano retaggio

dei riti pagani. I pilastri a sezione quadrata sono ingentiliti da capi-telli sobri, abachi non privi di invenzioni scultoree caratterizzatedalle consuete palmette. L’invaso, dunque, per la varietà dei deco-ri e il movimento del pavimento, risulta di grande interesse; s’im-pone, tuttavia, uno strepitoso, sottile pilastro terminante in uncapitello a ombrello stravagante, con minuti e complicatissimi inta-gli echeggianti il modello casauriense. È questa una composizione assolutamente ardita, carica di magici contenuti che l’hanno resa nel tempo una sorta di reliquia, ancor più suggestiva per il grandioso arco di scarico aperto nel secolo XVIII per evitare lo schiac-ciamento dell’esile pilastro.

 

 

La facciata, a salienti, è segnata da tre eleganti portali e dal gagliardo rosone centrale a cui si affianca sul lato destro una finestra dai raffinati decori scultorei. La compatta massa della fronte, tutta in pulita pietra concia, è ammorbidita da un caldo colore dorato ravvivato nel pomeriggio dalla luce del tramonto. Questo è un altro elemento che comprova l’antichità del monumento, dato il perfetto orientamento est-ovest che è tipico delle vetuste costruzioni cristiane. Fioriti tralci sinuosi e fantasiose figure zoomorfe ornano il portale centrale, incorniciando degna-mente lo splendido architrave sul quale si snoda la solenne teoriadel Cristo e degli Apostoli, forse il più compiuto documento scultoreo della plastica abruzzese del secolo tredicesimo.

 

 

Più serena echiara la parte posteriore protende il bel semicilindro dell’abside incui si apre una originale monofora circoscritta in una cornice dalle linee sofisticate che accoglie in due allargamenti laterali due ange-li di squisita fattura. Modesto è l’arredo pittorico dell’interno in cui,tuttavia, è ammirabile il ciclo di affreschi sul quarto pilastro di destra. Eseguito nel secolo XIII da un vigoroso maestro locale, aquanto attesta Guglielmo Matthie, esso rappresenta le ultime sequenze della Passione di Cristo (deposizione, seppellimento, ediscesa al Limbo). Originale nel discorso narrativo, il dipinto sviluppa in lessico “dialettale”, un linguaggio bizantino rendendolocon linearità spontanea e scelta cromatica immediata, la cui caldatonalità terrosa narra con sensibilità ed energica espressività i temi biblici trattati

Di Camillo Gasbarri

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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