Parco Nazionale d’Abruzzo

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Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è stato il secondo parco nazionale italiano ad essere stato istituito (nel 1923, soltanto un mese dopo quello del Gran Paradiso). Oggi tutela una superficie di 50.683 (più 80.000 ettari di area protezione esterna), gran parte in Abruzzo, il resto nel Lazio e nel Molise (la catena montuosa delle Mainarde, a cavallo tra queste due ultime regioni, è stata inclusa nel Parco solo nel 1990). Il cuore del parco è costituito dai Monti della Meta, con le cime del Monte Petroso (2.247 m) e della Meta (2.241 m). Simbolo dell’area protetta è l’orso marsicano, sottospecie di taglia leggermente ridotta rispetto all’orso bruno delle Alpi.

Storia

Il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise è il patriarca di tutti i parchi italiani. Nato nel settembre del 1922 per iniziativa privata dell’Ingegnere e Deputato Erminio Sipari, fu riconosciuto dallo Stato l’ 11 gennaio 1923. L’idea di farne un’area protetta, sulla scia del grande Parco americano di Yellowstone , era già nata verso la fine del 1800, quando questo territorio

 

 

divenne esclusiva Riserva di Caccia dei Savoia, proprio come l’altro patriarca dei parchi italiani: il Gran Paradiso. Il Parco si estende su tre regioni: Abruzzo, Lazio e Molise. La parte abruzzese è la più cospicua, perché ricopre circa l’80% del territorio del Parco, poi il Lazio con circa il 18% ed infine il Molise con circa il 12%. Copre una superficie di circa 50.000 ettari, circondati da altri 80.000 ettari di pre-parco, una zona cuscinetto che fra le sue funzioni ha quella di tutelare gli animali che spesso escono dai confini convenzionali del Parco stesso. Proprio la tutela degli animali, soprattutto dell’Orso bruno marsicano e del Camoscio d’Abruzzo, fu una delle motivazioni che spinse l’Ingegner Sipari a spendersi per la creazione di un Parco.

Ignazio Silone, scrittore di origine marsicana così scriveva nel suo romanzo Vino e Pane: “…a sinistra, tra i vigneti, i piselli, le cipolle, c’era la via provinciale che si inerpicava subito tra le montagne e s’addentrava nel cuore dell’Abruzzo, nella regione dei faggi, dei lecci e dei superstiti orsi, conducendo a Pescasseroli, a Opi, a Castel di Sangro”. Il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise si sviluppa lungo una serie di catene montuose comprese fra 900 m s.l.m. a 2250 m s.l.m. Fra le montagne più alte ricordiamo il Monte Marsicano (2252 m s.l.m.), il Monte Petroso (2249 m s.l.m.) e il Monte Meta (2242 m s.l.m.). Queste montagne, generatesi circa 160 milioni di anni fa, portano ancora i segni di un passato tumultuoso che ha visto trasformare profondi mari caratterizzati dalla presenza di barriere coralline in alte vette di origine calcarea. Un’origine che ne determina la

 

 

morfologia e le caratteristiche. Il carsismo infatti è il fenomeno geologico prevalente nel Parco. Grotte, ighiottitoi e doline sono la porta d’accesso a fiumi sotterranei che a volte riemergono in superficie anche fuori dei confini del Parco, costituendo un’importantissima riserva idrica.

Il Parco è solcato da vari fiumi fra cui il Sangro, che nasce pochi chilometri a nord di Pescasseroli, attraversa tutto il Parco e sfocia nel Mar Adriatico. Fra gli altri corsi d’acqua vanno menzionati il Giovenco che scorre nella parte marsicana del Parco, il Volturno, fiume molisano e il Melfa, un corso d’acqua che nasce nella bellissima Val Canneto, nel Lazio, e poi sfocia nel Mar Tirreno. Fra i laghi menzioniamo il Lago di Barrea, e il Lago Vivo, un piccolo laghetto che nasce a 1600 metri di quota e si alimenta con lo sciogliersi delle nevi. Nella zona di pre-parco ricordiamo il famoso e bellissimo Lago di Scanno, che si trova alle pendici dell’omonimo paese, il Lago di Castel San Vincenzo in Molise e il piccolissimo Lago Pantaniello a circa 2000 metri di quota. Inoltre, sui massicci montuosi del Parco sono ancora evidenti i segni delle glaciazioni e dell’erosione degli agenti atmosferici che hanno dato luogo a ripide e profonde gole, fra le quali ricordiamo la Gola di Barrea, sulla cui sommità si erge l’omonimo paese.

 

 

Nel territorio del Parco ricadono 24 paesi distribuiti fra le tre regioni. Cinque di essi (Pescasseroli, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena e Barrea) hanno anche il centro abitato immerso completamente nel Parco. L’idea di voler collocare anche alcuni centri abitati all’interno dell’area protetta nasce dall’esigenza primaria di un Parco come il nostro: coesistere con le specie animali e vegetali che lo popolano. Per quanto riguarda la storia una menzione speciale la merita la Transumanza, lo spostamento stagionale delle greggi dalle montagne d’Abruzzo fino alle verdi pianure del Tavoliere. Qui, come nel resto dell’Abruzzo montano la storia “l’hanno scritta i pastori a suon di pecore” fin dai tempi dei Sanniti. Da Pescasseroli parte il più montuoso ed antico Tratturo quello che collega il paesino abruzzese alla cittadina di Candela nel Tavoliere delle Puglie. Un Tratturo lungo 211Km che ancora oggi noi di Ecotur ci ostiniamo a ripercorrere in compagnia di “pastori-escursionisti”, proprio come facevano i veri pastori d’Abruzzo, cantati da Gabriele D’Annunzio: “…Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…”

Descrizione

Le catene montuose comprese nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise occupano una fascia altitudinale compresa tra i 900 e i 2.200 metri s.l.m. Il paesaggio si presenta molto vario, con l’alternanza di cime tondeggianti e di pendii rocciosi simili al paesaggio alpino. Il fiume Sangro con i suoi afflenti accupa la parte centrale, mentre nella zona più esterna del Parco scorrono altri corsi d’acqua (Giovenco, Melfa e Volturno). Il carsismo fa si che molti corsi d’acqua siano sotterranei, ritornando in superficie a valle, dove danno orgine a risorgive. Due sono i laghi all’interno del territorio del Parco: uno artificiale (lago di Barrea, alimentato dal fiume Sangro) e uno naturale (lago Vivo, che occupa una depressione di origine tettonica a circa 1.600 m di quota). Ben visibili sono le tracce prodotte dalle antiche glaciazioni che hanno modellato il paesaggio: circhi glaciali, depositi morenici e rocce montonate lungo le valli. Le rocce del Parco sono per la maggior parte di natura calcarea (originate, tra 170 e 30 milioni di anni fa, da depositi marini tipici delle zone lagunari e di scogliera come alghe, coralli, molluschi bivalvi e gasteropodi), con presenza di dolomia nella zona della Camosciara.

 

 

Sono presenti vari tipi di sedimentazione che rendono l’intera zona molto interessante dal punto di vista geologico. Le prime testimonianze di insediamenti umani risalgono al Paleolitico (circa 20.000 anni fa). In epoca storica, questi luoghi furono abitati da popolazioni preromaniche (Marsi, Peligni e Sanniti). Tracce dell’epoca romana sono rappresentate da lapidi e iscrizioni. Successivamente queste zone furono interessate da invasioni di longobardi e scorrerie di Saraceni. Risale al Medioevo la costruzione di molti borghi, arroccati su colli e rilievi di pietra, che ancora oggi si trovano all’interno del Parco. Una netta impronta, in epoca più recente, è stata data dal Regno Borbonico delle Due Sicilie attraverso la cultura, le tradizioni, i costumi e la lingua. Purtroppo gran parte dei patrimonio architettonico e storico più pregiato è andato perduto, sia per il terribile terremoto del 1915 che distrusse gran parte della Marsica, sia per il forte sviluppo turistico degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, che ha favorito una notevole speculazione edilizia. Nonostante l’importanza crescente del turismo, rimangono ancora importanti le tradizionali attività come la pastorizia, l’agricoltura, l’attività forestale e l’artigianato.

Flora e fauna

Per quanto riguarda la flora, sono quasi 2.000 le specie di piante superiori presenti nel Parco, oltre muschi, licheni, alghe ed funghi. Tra le specie endemiche, merita una particolare menzione giaggiolo (Iris marsica), che cresce solo in alcune zone e che fiorisce a fine primavera. Molte le specie di orchidee, tra cui la bella scarpetta di Venere o pianella della Madonna (Cypripedium calceolus), anch’essa a fioritura tardo-primaverile. Un’altra rarità botanica è il pino nero di Villetta Barrea (Pinus nigra), specie relitta risalente probabilmente al Terziario (esemplari si trovano in alcune zone della Camosciara e della Val Fondillo). Sempre nella zona della Camosciara si trova il pino mugo (Pinus mugo), un relitto glaciale che occupa la fascia vegetazionale al di sotto delle praterie d’alta quota. Il faggio è l’albero più comune del Parco e si trova tra i 900 e i 1.800 metri di quota, occupando più del 60% dell’intera superficie del Parco. Oltre il limite delle foreste si incontrano il ginepro nano, il mirtillo e l’uva ursina. Le praterie di altitudine, che insieme a prati e radure ricoprono oltre il 30% della superficie del Parco, occupano creste e sommità intorno ai 1.900-2.000 metri di quota. Nella bella stagione si possono ammirare splendide fioriture di genziane, genzianelle, primule, ciclamini, viole, anemoni, scilie, gigli, orchidee, sassifraghe, ranuncoli, asperule, dentarie, ofridi, ellebori, gigli (rosso e martagone, genziana, scarpetta della Madonna e Iris marsica.

 

 

I principi del Parco sono sicuramente gli orsi marsicani e i lupi, questi ultimi in grave pericolo di estinzione intorno agli anni Settanta del secolo scorso e oggi invece in netta ripresa un po’ in tutto l’Appennino settentrionale. Altra specie simbolo è il camoscio d’Abruzzo, strettamente imparentato con quello dei Pirenei, di cui costituisce una sottospecie (Rupicarpa pyrenaica ornata). Più snello rispetto al camoscio alpino (Rupicarpa rupicarpa), ha un diverso disegno facciale e corna più lunghe. Altri mammiferi sono lo scoiattolo, la volpe, il gatto selvatico, il cinghiale e la lince, presente con alcuni individui nelle aree più selvagge. Non mancano gli uccelli: solo di picchi sono presenti ben sette delle nove specie diffuse in Italia. Nelle formazioni di mughi (Pinus mugo) che occupano la fascia di transizione tra il limite superiore della faggeta (1.800 m) e le praterie sommitali, si trovano il merlo dal collare, il fringuello, il cardellino, la passera scopaiola e il cuculo.

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Informazioni su Marco Maccaroni 921 articoli
Classe 1956, perito elettronico industriale, ho conseguito attestati riconosciuti per attività su reti cablate LAN presso la IBM Italia. Ho svolto la mia attività lavorativa c/o Roma Capitale sino al 2020. Autore, nel 2014, del sito Abruzzo Vivo.

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